Nella “morsa” dell’anuptafobia: la paura di essere o rimanere single

Sono circa 8,4 milioni coloro che vivono da soli, pari al 14% della popolazione, ossia 1 famiglia su 3 è formata da una sola persona.

Roma – In crescita chi vive da “single”, ma molti ne soffrono! In una società in cui la Signora Assoluta è la Tecnologia in tutte sue varie forme, si è accentuata una tendenza, in realtà, in atto da decenni, ossia vivere da “single”. Si tratta di un particolare status sociale con cui si identifica una persona non impegnata in nessuna relazione sentimentale stabile e che vive da sola, spesso per libera scelta. Almeno così si è sempre ritenuto abbagliati dal mito dell’essere “single”, inteso nell’accezione di massima libertà, senza legami, né lacci e lacciuoli e di decidere a proprio piacimento. In realtà la situazione non è cosi idilliaca come si racconta. La maggioranza dei single vive con enorme sofferenza la loro condizione. Almeno secondo i più recenti dati Istat, che hanno fotografato il Belpaese come una nazione di single.

Sono, infatti, circa 8,4 milioni coloro che vivono da soli, pari al 14% della popolazione, ossia 1 famiglia su 3 è formata da una sola persona. Questa condizione ha prodotto una vera e propria fobia, definita dalla psicologia “anuptafobia” che è, semplicemente, il terrore di restare soli a vita. Il malessere che si vive stando da soli è una sorta di fallimento senza vie d’uscita. La fobia galoppa velocemente in quanto, dilaga fino a diventare esasperante. E’ considerata tale dalla scienza perché produce reazioni di allarme a causa di una realtà vissuta come malessere, al punto da provocare effetti fisici e psicologici. Da punto di vista etimologico la locuzione sembrerebbe rivola ai maschi, perché il suo significato è “paura di restare senza moglie”. In realtà ad essere “single sono sia maschi che donne. anche se quest’ultime sono in maggioranza. Secondo una vulgata maschilista questo dato è giustificato dal fatto che la donna sembrerebbe più in ansia dell’uomo nel vivere una relazione. L’anuptafobia ha, comunque, conseguenze molto serie, come stati ansiosi-depressivi e può sfociare nelle dipendenze affettive.

La peculiarità di questa fobia è l’ossessione della ricerca di un legame di coppia. Il meccanismo è simile a quello delle dipendenze: si pensa a ciò che si desidera, nella consapevolezza di non poterlo avere. E’ stato riscontrato in chi è vittima di questa fobia, una bassa autostima e un forte legame di dipendenza qualora si instaura una relazione. Gli effetti ansioso-depressivi si riversano nel mondo del lavoro e nelle relazioni sociali. L’insicurezza pervade questi soggetti per cui il malessere si presente ogni volta che c’è un contatto umano. Le cause potrebbero essere cercate sin dall’infanzia quando prendono forme relazioni di attaccamento. Nel caso di una persona fobica queste relazioni sono basate sull’insicurezza che avrebbero influito sull’efficacia della relazione.

Anche il timore della solitudine può aver giocato un ruolo di primo piano e non avendo imparato a stare da sola con sé stessa ne viene avvertito il pericolo. Poi ci possono essere situazioni non soggettive, ma dipendenti da altro, come l’abbandono e/o la separazione. Altro che mito della libertà. Essere single con questa fobia equivale alla libertà di farsi del male, altroché! Il problema è più generale e riguarda la capacità di ognuno di noi di non farsi fagocitare dalla frenesia della vita quotidiana, costruirsi degli spazi per sé, di piacere ludico, abbandonandosi alle emozioni, senza tanti fronzoli. Perché per avere relazioni sane, autentiche bisogna avere la capacità di comprendere i propri desideri relazionali, iniziando, ognuno a prendersi cura di sé stesso!

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