Ad un mese dalla morte di Gennaro Di Paola è ancora vivo il cordoglio per la perdita del coraggioso ragazzino-eroe della Quattro giornate
NAPOLI – Tutta la comunità partenopea ha pianto di cuore la morte del suo scugnizzo più famoso. Il 24 dicembre scorso ha finito i suoi giorni terreni Gennaro Di Paola, 98 anni, l’ultimo eroe delle Quattro giornate di Napoli. La salma è stata tumulata nel cimitero di Massa di Somma, il paese dove il partigiano viveva con la figlia. Il gonfalone del capoluogo campano, decorato con medaglia d’oro al valor militare per le Quattro giornate, ha accompagnato il feretro dell’uomo per l’ultimo saluto con al seguito una moltitudine di persone ed i rappresentati delle istituzioni civili e militari ai vari livelli oltre a numerose associazioni di categoria ed ex combattenti. A dare il triste annuncio della dipartita del famoso “scugnizzo” quasi centenario, è stato il sindaco di Napoli:
“…Giovanissimo aveva combattuto per le strade della nostra città per la liberazione dal nazifascismo – ha detto Luigi De Magistris – Gennaro, insieme a tantissimi napoletani, donne e uomini spesso nemmeno maggiorenni, contribuì a liberare Napoli dall’occupazione nazifascista. Ogni anno ci incontravamo in piazza per le commemorazioni ufficiali e cantavamo Bella Ciao. Un anziano fiero e dolcissimo, un partigiano vero. Ciao Gennaro, mi sei stato tanto caro…”.
Le quattro giornate di Napoli rappresentarono un episodio storico di insurrezione popolare avvenuto nel corso della seconda guerra mondiale, tra il 27 ed il 30 settembre 1943. Durante l’insurrezione centinaia di cittadini coadiuvati dai militari non collaborazionisti, riuscirono prima a contrastare e poi a liberare Napoli da ingenti forze armate tedesche e fasciste che si ritirarono verso Roma in condizioni assai precarie e con i ranghi decimati. La battaglia di Napoli, già rasa al suolo da innumerevoli bombardamenti americani che provocarono centinaia di vittime tra la popolazione locale, spianarono la strada all’occupazione alleata i cui effettivi si trovarono davanti, il 1 ottobre del 1943, una città completamente libera. I migliori combattenti furono i ragazzini, gli Scugnizzi per l’appunto, che sacrificarono la vita forse come in un macabro gioco tenendo testa all’invincibile soldato germanico.
Decine e decine di bambini e adolescenti furono ritrovati cadaveri con in mano bombe, bazooka e moschetti con i quali avevano ucciso, a loro volta, altrettanti soldati nazifascisti prima di soccombere all’odiato nemico. Gennaro Di Paola, con sprezzo per la sua età, continuava a commemorare quelle giornate andando nelle scuole per raccontare la sua Resistenza e a spiegare agli alunni, e forse anche ai docenti, il perché senza libertà non ci sia vita. L’anno scorso il partigiano napoletano più amato dai suoi concittadini, in occasione del 25 Aprile, cosi aveva scritto al presidente della Camera, Roberto Fico:
“… Caro Presidente Fico, noi non chiediamo nulla, è il nostro stile. Ma la invitiamo a difendere sempre il valore della Resistenza, e a parlarne di più nelle scuole, a divulgarne lo spirito, e la ringraziamo per quello che potrà fare: questi valori non possono essere minacciati…”.
E il presidente Fico si era impegnato con quell’umile ragazzo del 1922 a dare un seguito al suo accorato appello:
“… Gennaro Di Paola ha lottato per costruire la nostra Repubblica. Partigiano, è stato uno dei protagonisti delle Quattro giornate di Napoli contribuendo a liberare la città dall’occupazione nazifascista. Se n’è andato alla vigilia di Natale. Ricordo benissimo le sue parole lo scorso 25 aprile, parole che porterò sempre con me e che farò mie. Mi impegnerò a difendere il valore della memoria della Resistenza e dei principi che reggono la nostra democrazia, conquiste che dobbiamo a persone come Gennaro Di Paola a cui va ancora il pensiero di tutta la nostra comunità…”.
L’anziano partigiano, presidente onorario dell’Anpi (associazione nazionale Partigiani d’Italia), aveva preso parte a pericolose azioni di disturbo contro i tedeschi riversando contro i militari germanici qualsiasi arma riuscisse a recuperare sulla strada, senza alcuna esperienza nel maneggio di bombe a mano e fucili mitragliatori: “… È stato tra i fondatori del nostro partito – ha concluso Maurizio Acerbo di Rifondazione comunista – a cui non ha fatto mai mancare il suo coraggioso sostegno…“.