Il periodo è dei più neri. Ma se a questo aggiungiamo l’inettitudine delle persone preposte a certi controlli che sembra si divertano a mettere in difficoltà il cittadino allora siamo messi male davvero. E addio Core, come si dice a Roma.
Minuzie di ordinaria follia. Questa è la storia di uno di noi, così iniziava una famosa canzone di Adriano Celentano negli anni ’60 del secolo scorso: Il ragazzo della via Gluck. Anche questa è la storia di uno di noi. Il protagonista del grottesco fatto di cronaca è Attilio, un operaio a cui mancano ancora cinque anni per la pensione. Ovvero quando raggiungerà i 67 anni di età godrà, si fa per dire, la pensione di vecchiaia, perché quella contributiva l’avrebbe raggiunta dopo i 70 anni. Questo perché da giovane aveva svolto dei periodi lavorativi in nero, quindi senza contributi pensionistici.
E’ un caso molto comune a tanti lavoratori che hanno iniziato a faticare nell’età adolescenziale, ma si ritrovano con un pugno di mosche in mano, per via del comportamento illegale e scorretto dei datori di lavoro. Il sommerso in Italia è un fenomeno che risale a molto tempo fa. Chi si trova nella necessità materiale di dovere, comunque, portare il pane a casa non va tanto per il sottile e cade, purtroppo, nelle grinfie di veri e propri malfattori.
Il nostro protagonista, la mattina dell’elezioni, il 25 settembre scorso, dopo essersi recato di buon’ora al seggio a compiere il suo dovere civico di cittadino, è andato all’Ospedale Maggiore di Bologna. Sua moglie, il giorno prima, era stata sottoposta ad un intervento chirurgico all’anca. Quindi un minimo di preoccupazione era doverosa sommata a quelle che incombevano sulla vita quotidiana. In ultimo il caro bollette, che non lo faceva dormire la notte. Il fatto che la situazione era comune alla gran parte della popolazione non lo consolava affatto, tutt’altro! Da qualche tempo negli ospedali ed in altre strutture il lavoro di portineria, centralino e security viene svolto da guardie giurate.
In un’ala dell’ingresso si era formata una lunga fila, perché il solerte uomo in divisa con fare deciso, quasi autoritario, controllava il green pass. Attilio trasalì anche perché era da un bel po’ che non lo controllava più nessuno, ormai. Ma lo stupore nasceva dal fatto che il giorno prima nessuno gli avesse chiesto dove andava e nemmeno il green pass! Poi, non essendo molto rodato con i dispositivi tecnologici, non l’aveva registrato sul cellulare. Infatti all’inizio possedeva quello cartaceo che aveva lasciato a casa perché non veniva più controllato. Eppure viaggiava in treno in quanto pendolare, utilizzava il trasporto urbano e si recava al lavoro. Ebbene ‘sto maledetto green pass sembrava scomparso del tutto. Ed invece la guardia giurata con insistenza ribadiva che in ospedale era stato sempre in vigore.
Cosa assolutamente non vera, perché Attilio negli ultimi tempi vi ci era recato spesso per esami ed accertamenti. Alla fine l’uomo si recava in farmacia, non molto lontana dal nosocomio, per farsi stampare il suo green pass a colori alla modica cifra di 1 euro. La banalità di una notizia del genere, che non merita nemmeno due righe in cronaca, è una spia, seppur piccola, del malessere che si vive giorno dopo giorno. Non valgono regole, norme, leggi e protocolli. Vale come ci si sveglia la mattina: se si vuole vengono ripristinati regolamenti che sembravano essere stati messi nel cassetto. Solo nella Repubblica delle banane, come l’Italia, possono accadere vicende del genere.