I lavoratori dello spettacolo, che in Italia contano numeri importanti, sono di nuovo scesi in piazza a Milano e torneranno a farlo il 6 febbraio per vedersi riaperti cinema e teatri. Prende le distanze il Coordinamento Spettacolo Lombardia contro chi protesta a discapito della salute collettiva.
Milano – Di fronte all’indecisione dell’ex governo Conte in merito alla riapertura di cinema, teatri e spazi culturali i lavoratori del comparto spettacolo sono scesi di nuovo in piazza per protestare contro la grave situazione di stallo.
Adesso la patata bollente, fra le altre, passerà nelle mani del neo-presidente del Consiglio Mario Draghi. Molte di queste iniziative hanno fatto capo a realtà istituzionali, altre invece sono state di natura collettiva e spontanea. Fra questi eventi si è certamente fatta notare la “Marcia della liberazione”, un evento di solidarietà in omaggio al mondo dell’arte e della cultura che alle proteste in pubblica piazza affianca performances dal vivo.
Lo scopo principale di questo evento è stato quello di riaffermare la centralità della cultura nella vita sociale, evidenziando come non siano solamente i VIP a rappresentare la categoria. Il mondo dell’arte è infatti composto da artisti meno noti e migliaia di professionisti che ogni giorno, tra mille difficoltà, svolgono il loro lavoro lontano dai riflettori.
In questo senso appare nobile la missione della Marcia che, a un anno dall’inizio dell’emergenza, (e ad oltre tre mesi dalla chiusura delle sale) chiede di poter ripartire con convinzione e serenità.
Il prossimo appuntamento è fissato per sabato 6 febbraio in diverse città, compresa Milano, dove però non sarà presente il Coordinamento Spettacolo Lombardia. Quest’ultima realtà, impegnata da mesi nel riportare attenzione sul settore, così ha motivato la decisione:
“…Purtroppo La “Marcia della liberazione” che si è svolta negli mesi scorsi ha portato con sé il messaggio: “non indosso la mascherina perché è sinonimo di sudditanza“. Frasi di questo tipo non possono rappresentare chi lavora in ambito culturale, chi lavora come Formatrice o Formatore delle Arti dello Spettacolo, diventando esempio per bambini e ragazzi…”.
Il gruppo ha perciò voluto prendere le distanze da un evento a suo dire scorretto nella sostanza, perché mirato a mettere in discussione l’aspetto sanitario e non quello politico.
“…Riaffermare i propri diritti come Lavoratori e Lavoratrici della Cultura, dell’Arte e dello Spettacolo“, si legge ancora nella comunicazione ufficiale, “non è negare il presente ma è capirlo, approfondirlo e rielaborarlo, farsi strumento di uno sguardo critico e resistente. Scendere in piazza e farsi sentire è giusto, ma non a scapito della sicurezza…“.
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