UN SUB-EMANDAMENTO DELLA MANOVRA PREVEDE UN INCREMENTO DEI PREZZI DEL CARBURANTE A PARTIRE DA GENNAIO 2021 SE NON SI AZZERERANNO LE CLAUSULE SALVAGUARDIA DELLE ACCISE
Finalmente, nella notte di mercoledì 11 dicembre, dopo una seduta durata ben 14 ore, la Commissione apposita del Senato ha dato il via libera alla manovra economica 2020, che, poi, nella serata del 16 dicembre, ha ricevuto, sempre in Senato, il primo assenso dell’aula, seppur a seguito di voto di fiducia. Molte le proposte e le novità introdotte dal governo giallo-rosso, ma una tra tutte fa più paura: l’aumento delle accise sui carburanti.
Nel testo della finanziaria, all’articolo 76, sono state revisionate e incrementate le clausole di salvaguardia relative alle accise sui carburanti, a seguito di un sub-emendamento alla Legge di Bilancio: si parla di un aumento pari a 303 milioni di euro nel 2021, 651 milioni nel 2022 e 132 milioni nel 2023. Se le clausole non verranno disinnescate porteranno ad aumenti delle accise da 1,221 miliardi nel 2021, da 1,683 miliardi nel 2022 e da 1,954 miliardi nel 2023. In ogni caso il sub-emendamento non ha modificato nulla per quanto riguarda il 2020, i possibili aumenti del costo della benzina e del diesel non arriverebbero prima del 2021:
In un anno il prezzo del carburante è calato: a gennaio 2018 la benzina costava 1,56 euro al litro, mentre a gennaio 2019 1,49 euro, cioè il 5% in meno. Gasolio e gpl, invece, sono diminuiti rispettivamente dello 0,6% e del 2,9%. Quanto influiscono I.V.A. e accise sul prezzo finale? Le accise sono determinate per legge e ammontano a 728,40 euro ogni 1.000 litri di benzina, sul gasolio pesano 617,40 euro, mentre sul gpl 147,27 euro. In ogni caso, a modificare il prezzo ultimo del carburante è il costo industriale determinato dalle esigenze di mercato.
Cosa sono esattamente le accise? Sono imposte sulla fabbricazione e sulla vendita di alcuni prodotti al consumo che vanno a sommarsi ad altre tasse. In linea teorica, le accise dovrebbero servire ad affrontare un momento di emergenza nazionale, ad esempio nel 1935 fu istituita quella per la guerra d’Abissinia, dal momento che lo Stato aveva urgente necessitò di affrontare una spesa imprevista e, per questa ragione, decise di tassare il carburante. A seguito di tale evento, ogni aumento è stato giustificato da un’emergenza nazionale o da un intervento a salvaguardia dell’ambiente, tra cui: l’alluvione di Firenze nel 1966, il sisma del Friuli nel 1976 e quello dell’Irpinia nel 1980. L’ultima volta che il prezzo delle accise è stato ritoccato risale al 2015, sotto il governo Renzi.
Del resto, l’Italia è tra i Paesi europei dove il costo delle accise sul carburante è più elevato: per quanto riguarda la benzina, l’Italia, con 0,703 euro al litro, si trova al secondo posto dopo la Norvegia; riguardo al diesel è addirittura al primo posto, con 0,6 euro al litro.
L’opposizione ha promesso battaglia, puntando il dito contro il Governo: “Dagli illuminati del Pd e dei Cinquestelle una follia in piena regola che colpirà tutti senza pietà: cittadini, famiglie, imprese”, sentenzia l’ex vice ministro dell’economia e delle finanze Massimo Garavaglia.
Parziali buone notizie, almeno, su altri fronti: la “plastic tax”, rimodulata più volte, prevede, nella sua ultima versione, il taglio da 1 euro a 45 centesimi al chilo per i prodotti in plastica monouso; la “Robin tax” è stata limitata alle concessionarie dei trasporti; la “sugar tax” slitterà ad ottobre, mentre è stata praticamente azzerata, per il 2020, la stretta sull’imposizione delle auto aziendali. Previsti, poi, nuovi incentivi per l’industria, l’aumento della tassa sulla fortuna, l’aumento di fondi regionali, l’inserimento di fondi per progetti ”green” e per asili, il bonus facciate, il taglio del cuneo fiscale per i redditi fino a 35.000 euro, e, soprattutto, la sterilizzazione delle clausole salvaguardia, per scongiurare l’aumento dell’IVA.