Cecco vivrà per sempre nella Leggenda, finché esisterà Roma, finché esisterà la Lazio, l’Angelo Biondo non potrà mai essere dimenticato.
È il 1948, all’inizio dell’anno entra in vigore la Costituzione della Repubblica Italiana. La neo Repubblica è disorientata e devastata dalla fine della Seconda guerra mondiale. Il 1° dicembre a Nerviano, in provincia di Milano, nasce Luciano Re Cecconi. Il suo cognome ha una storia particolare: nel 1859, dopo la battaglia di Magenta, il re Vittorio Emanuele sostò a Nerviano e, dopo essere stato accolto con grande generosità e con tutti gli onori destinati al Re d’Italia, concedette la possibilità di aggiungere “Re” al cognome della famiglia Cecconi, simboleggiando così la fedeltà alla corona.
Quelli in cui cresce Luciano sono anni difficili: la fine della guerra segna sì l’inizio della ripresa del Paese, ma mostra soprattutto il sacrificio affrontato dalle varie famiglie di classe operaia che escono per prime sconfitte dalle politiche di regime e dalla guerra stessa. Luciano nasce in una famiglia umile, il padre semplice operaio e la madre casalinga. Come molti dei suoi coetanei, Luciano trascorre la sua infanzia e la sua adolescenza alternando scuola e lavoro. Durante questo periodo ha una vera e unica grande passione: il calcio giocato.
È nel campo fatiscente dell’oratorio di Sant’Ilario Milanese che Luciano inizia a tirare calci al pallone; la sua prima squadra è L’Aurora Cantalupo, militante in prima categoria. Luciano si alza presto la mattina per andare a lavorare e nel pomeriggio indossa gli scarpini per giocare a calcio. Cecco, grazie alle sue doti tecniche e alle sue caratteristiche di centrocampista moderno infaticabile, viene notato dalla Pro Patria, squadra di Serie C, che nel 1967 lo mette sotto contratto. Esordisce il 14 aprile 1968 contro il Messina. Il soprannome che gli viene dato è Cecconetzer dovuto alla sua chioma bionda e alla sua somiglianza con il calciatore tedesco Gunter Netzer.
Tommaso Maestrelli, allenatore del Foggia, nota il giovane che dopo poco tempo viene messo sotto contratto dalla società rossonera, nel 1969. Gioca per tre stagioni nella squadra pugliese, riuscendo a mettersi in mostra ed entrando nelle grazie del mister Maestrelli, che gli affida la guida del centrocampo. Raggiunge insieme ai suoi compagni, nella stagione 1969-70, la promozione in Serie A. Un anno dopo Maestrelli lascia Foggia per approdare a Roma, sponda biancoceleste; alcuni dei giocatori vengono venduti e i rossoneri retrocedono in Serie B. Col Foggia Luciano colleziona 74 presenze segnando 2 goal.
È il 1972, Cecco, dopo essersi messo in luce ancora una volta con ottime prestazioni, viene chiamato da Maestrelli alla Lazio. La stagione 1972-73 permette al giovane di esprimere tutte le sue qualità; insieme ai suoi compagni raggiunge il terzo posto in campionato a soli due punti dalla capolista Juventus Campione d’Italia.
La stagione 1973-74 è quella della leggenda per i tifosi della Lazio. La squadra guidata da mister Maestrelli conquista il primo scudetto della storia biancoceleste, grazie anche alle 24 reti siglate da Giorgio Chinaglia, capocannoniere del campionato, e dalle ottime prestazioni di tutto l’organico. Re Cecconi, nonostante l’infortunio avvenuto a circa metà campionato, colleziona 23 presenze e 2 goal diventando protagonista e fulcro del centrocampo della Lazio Campione d’Italia. L’infaticabile centrocampista viene convocato prima nella nazionale Under 23 e successivamente nella Nazionale italiana per la Coppa del mondo del 1974. Durante la stagione 1974-75 Maestrelli si ammala di tumore e lascia la panchina a Roberto Lovati che non riesce a difendere il titolo: la Lazio conclude il campionato al quarto posto.
Le cose iniziano a girare male, Luciano si trova in una squadra spolpata dal calciomercato che vede i trascinatori dello scudetto via dalla Lazio, primo su tutti Chinaglia. Cecco, insieme ai suoi compagni, trascorre un momento di crisi societaria e cambi di panchina. La stagione 1975-76 è una lotta continua per non retrocedere; Cecco sputa sangue sul campo e va a trovare in clinica ogni volta che può il suo allenatore ricoverato. Grazie all’improvviso ritorno di Maestrelli, la Lazio riesce a salvarsi per il rotto della cuffia a fine stagione. Cecco dimostra in questi anni tutta la sua umanità e devozione verso l’allenatore che lo ha cresciuto e fatto diventare il calciatore che tutti apprezzano e amano. La stagione 1976-77 vede Maestrelli, sfiancato dalla malattia, allontanarsi definitivamente dalla panchina biancoceleste. La magia dell’anno dello scudetto sembra un ricordo lontano; Cecco regala comunque un’ottima prestazione nella prima partita di campionato contro la Juventus segnando un goal; partita poi persa 2-3 in favore dei bianconeri.
Il 24 ottobre 1976, Cecco subisce un grave infortunio al ginocchio durante la gara contro il Bologna. Luciano non sa che quella sarà l’ultima partita della sua vita. I tempi di recupero sono abbastanza lunghi, la carriera del calciatore è inconsapevolmente finita, chiudendosi con 109 presenze e 6 reti con la maglia della Lazio. Il 2 dicembre dello stesso anno, Tommaso Maestrelli muore di tumore al fegato. Al funerale si presentano circa 20.000 persone a onorare e salutare per l’ultima volta l’allenatore del primo scudetto. Cecco sarà uno dei ragazzi che porteranno in spalla Maestrelli fuori dalla chiesa.
Siamo nel pieno degli anni ‘70, l’Italia sta vivendo un momento difficile, la tensione per le strade è palpabile; stragi, rapimenti, dibattiti politici violenti influenzano pesantemente la quotidianità dei cittadini. È il cuore degli anni di piombo. Roma è una città estremamente calda: l’opinione pubblica, le Brigate Rosse, la Banda Della Magliana, i Nar (solo per citarne alcuni), terrorizzano il territorio romano. In questa cornice, il 18 gennaio 1977 si consuma una tragedia figlia di quel periodo, che sconvolge i tifosi biancocelesti e non solo. Luciano Re Cecconi insieme al compagno di squadra Pietro Ghedin, decide di accompagnare Giorgio Fraticcioli, profumiere e amico dei due calciatori, per portare due campioni di profumo in una gioielleria in quartiere Flaminio a Roma. Questa è più o meno la versione ufficiale di quanto accaduto quella sera.
Sono le 19.30 circa, Luciano e i suoi due amici, si recano alla gioielleria di via Nitti, quartiere Flaminio a Roma. Cecco decide di fare uno scherzo al gioielliere che si rivelerà fatale. Con il bavero del cappotto alzato entra nella gioielleria insieme ai due amici esclamando: “Fermi tutti, questa è una rapina”. Bruno Tabocchini, il gioielliere, che aveva già subito da poco una rapina, non riconoscendo il calciatore estrae la pistola, la punta prima su Ghedin e poi, dirigendola verso Cecco, preme il grilletto.
Il rumore sordo rimbomba nella gioielleria, Luciano Re Cecconi è stato colpito all’addome da un proiettile, il sangue sgorga. Cecco si accascia a terra e dice le sue ultime parole: “Era solo uno scherzo, era solo uno scherzo”. La notizia in poco tempo fa il giro della capitale, i compagni accorrono all’ospedale ma non c’è nulla da fare, Cecco non c’è più. Luciano Re Cecconi muore all’età di 29 anni alle ore 20.04 del 18 gennaio 1977 in ospedale. Circa 15.000 persone sono presenti al funerale per dare un ultimo saluto a uno dei giocatori più importanti della storia della S.S. Lazio.
Il caso Re Cecconi è rimasto impresso nella memoria di tutti i tifosi italiani, come un fulmine a ciel sereno ha squarciato gli animi, in una fredda sera di gennaio. Quando, prima di scrivere questo articolo, chiesi a mio padre:
“Pa’, ma ti ricordi di Re Cecconi? Il calciatore della Lazio?”, lui mi rispose: “Certo, erano anni difficili quelli […] ancora non mi è chiaro per quale motivo lo hanno ammazzato, c’è qualcosa di più […] c’è da dire che era proprio un bel giocatore”.
La dinamica dell’accaduto non è tuttora chiara, probabilmente non sapremo mai la verità, ci sono molte ombre e incongruenze sulla vicenda. Luciano Re Cecconi, con quella sua chioma bionda inconfondibile, con la sua grinta e instancabile forza fisica, ha rappresentato il polmone della Lazio vincitrice dello scudetto ed è stato protagonista della leggendaria stagione 1973-74.
Al calcio, quello vero, non bastano estro, tecnica sopraffina, giochetti e goal sontuosi. Il calcio è grinta, passione, lavoro duro e poesia. Le storie calcistiche, spesso raccontate come qualcosa che non ci appartiene più, sono ciò che ci rimane per mantenere viva la poesia del calcio giocato. Cecco vivrà per sempre nella leggenda, finché esisterà Roma, finché esisterà la Lazio, l’Angelo Biondo non potrà mai essere dimenticato.