HOME | LA REDAZIONE

ilgiornalepopolare treno

L’Italia è proprio finita…fuori binario!

Altro che transizione ecologica dei trasporti, locuzione utilizzata solo per fare bella figura nei convegni e nelle interviste! Nei fatti, siamo ancora all’anno zero.

Roma – Les cahiers de doléances sono molto fitti: ritardi infrastrutturali, treni a singhiozzo, riattivazione delle linee ferroviarie interrotte a passo di lumaca, linee a binario unico. Come se il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) non fosse esistito e neppure partito. Come al solito, l’Italia è spaccata in due. Nel Mezzogiorno sembra di vivere in un contesto da terzo mondo, non paragonabile col resto del Paese. Basti pensare alle ex linee Circumvesuviane nel napoletano, alla Roma-Lido e Roma Nord-Viterbo, alla Catania-Caltagirone-Gela, tutte considerate tra le più deficitarie d’Italia.

Secondo Legambiente:

Per rispettare gli obiettivi del Green Deal europeo, l’Italia deve accelerare il processo di riconversione dei trasporti e la cura del ferro con maggiori risorse economiche pari a 2 miliardi di euro all’anno fino al 2030. Basta inseguire inutili opere faraoniche come il Ponte sullo Stretto. Al Ministro Salvini chiediamo di dedicare ai pendolari almeno la stessa attenzione che ha messo in questi mesi per il rilancio delle grandi opere”.

Legambiente è molto critica circa il progetto del Ponte sullo Stretto.

C’è da segnalare che il trasporto pendolare sta pagando ancora gli effetti della pandemia. Nonostante sia cresciuto, non siamo ancora ai livelli precedenti. Non si tratta delle solite lamentale rilevate al volo da chi, per motivi di lavoro o di studio, è costretto all’uso dei treni, che pur avrebbe ragione da vendere. Ma è il quadro che emerge dalla presentazione del Rapporto Pendolaria 2023, a cura di Legambiente, il consueto rapporto annuale sullo stato di salute del trasporto su ferro in Italia.

Ecco i dati nudi e crudi: dal 2018 al 2022 l’attivazione di nuovi binari in città è risultata inadeguata ai bisogni della popolazione, pari soltanto al ritmo di 1,5 km all’anno di nuove metropolitane. Come suddetto, i maggiori ritardi sono nel Mezzogiorno, dove circolano meno treni e più vecchi, che viaggiano ancora su linee non elettrificate.

Inoltre, c’è da segnalare che nel decennio 2010-2020 sono state investite più risorse per le infrastrutture a favore del trasporto su gomma che su ferro. Poi si piangono i morti quando avvengono incidenti come quello sulla linea Corato-Andria in Puglia dove il 12 luglio 2016 perirono 23 persone. Da allora la linea è ancora inattiva. Come evidenzia il report: “il processo di riconversione dei trasporti è di primaria importanza se si vogliono rispettare gli obiettivi del Green Deal europeo, del taglio delle emissioni del 55% entro il 2030 e del loro azzeramento entro il 2050“. Inoltre, urgono maggiori convogli per i Sud, elettrificazione e collegamenti più veloci con il potenziamento del servizio Intercity e la garanzia di almeno un treno ogni ora.

L’incidente ferroviario tra Corato e Andria nel 2016.

La nota stonata è rappresentata dalla scarsa attenzione per il trasporto ferroviario da parte delle Regioni. E poi c’è chi parla a vanvera di autonomia differenziata! Infatti, gli stanziamenti, in media, sono diminuiti in quasi tutti i bilanci regionali, anche se sono cresciuti i fondi statali per il trasporto locale. Seppur si registrano miglioramenti nel rinnovo del parco convogli, nell’elettrificazione delle linee e nei sistemi di controllo della sicurezza, siamo ancora lontani dal considerarci degni di far parte delle democrazie avanzate e moderne. Alcuni dati sembrano essere la fotografia di un Paese in via di sviluppo. Bisogna darsi da fare e presto se non si vuole… deragliare del tutto!

Facebook
Twitter
LinkedIn
WhatsApp
Email
Stampa