L’inverno demografico secondo l’Istat: il 45% delle donne tra 18 e 49 anni senza figli

Dopo il miracolo economico degli anni Sessanta c’è stato un declino della natalità, oggi i Millennials guardano al futuro con poche speranze.

Roma – Le nate negli anni ’80 non avranno figli. Non si tratta della maledizione di qualche spirito maligno, ma dell’amara realtà fotografata dall’Istat (Istituto nazionale di Statistica) che riguarda il cosiddetto “inverno demografico”. Ovvero l’invecchiamento della popolazione e la scarsa natalità. Le donne dei Millenials, le nate tra gli inizi degli anni Ottanta e la metà degli anni Novanta del ‘900, non avranno figli. La bassa natalità associata al livello di mortalità, ovvero ci sono 6 neonati e 11 decessi ogni mille abitanti, rappresentano un problema pesante per la società futura. Il calo delle nascite è una tendenza che si è rafforzata negli ultimi anni. Nel 2023 sono state 379 mila, 14mila in meno nei confronti del 2022.

In base ai dati diffusi dall’Istat, oggi il 45,4% delle donne tra 18 e 49 anni non ha figli. E 1/3 circa ha dichiarato di non volerli, perché non è una priorità. La storia demografica della nostra società è caratterizzata da vari periodi di fecondità. Negli anni ’50 e ’60 dello scorso secolo il tasso è stato molto alto, tanto che è stato definito dagli esperti periodo del “baby boom”. Questa fase fu legata al cosiddetto “miracolo economico” che favorì in maniera consistente la formazione di nuove famiglie. I numeri non mentono: allora quasi il 90% delle donne aveva almeno un figlio ed il tasso di fecondità totale all’incirca del 2,44 che è stato tale per un ventennio circa.

neonato rapito il giornale popolare

E’ a partire dagli anni ’70 che si assiste ad un’inversione di tendenza, il tasso di natalità iniziò a calare, mentre raddoppiò la quota di donne senza figli e aumentò l’età media delle donne nel diventare madri, in media 30 anni. Se un quarto delle Millenials non metterà al mondo alcun figlio, si innescherà un meccanismo vizioso, per cui con meno figli ci sarà una generazione numericamente bassa in età fertile. Questo aspetto, per quanto riguarda l’Italia, ha un’origine strutturale dovuta ad un welfare in crisi, che si traduce in una non idonea assistenza alla natalità. Inoltre, un lavoro precario, specie per i più giovani che impedisce di pensare a formarsi una famiglia. Diversa è la situazione in altri Paesi europei. Ad esempio in Germania, esistono politiche sociali fatte di sostegno e incentivi alle nuove famiglie.

Infatti, circa il 3% del PIL (Prodotto Interno Lordo) è destinato dal governo tedesco ai servizi per l’infanzia, che offrono la possibilità di usufruire di asili nido gratis. Oppure, in Francia una politica di sgravi fiscali ha permesso una serie di opportunità, ad esempio per le colf e babysitter e contributi erogati per ogni figlio a carico. La situazione italiana è più preoccupante, perché pochi nati significano meno lavoratori in futuro e quindi gravi ripercussioni sulla struttura socio-economica del Paese, con carenza di manodopera competente.

Con meno lavoratori, ci saranno meno contribuenti per finanziare la spesa sociale, con gravi ripercussioni per le casse pubbliche. Inoltre, l’invecchiamento della popolazione non potrà che creare enormi problemi ai sistemi sanitari e previdenziali. C’è poco da stare allegri per le nuove generazioni. Si prospettano tempi difficili se non cambia la politica sociale, a favore delle nuove famiglie, dei giovani e delle mamme!

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