Abbinamenti e storia del vitigno più discusso d’Italia, nato per l’errore di un capo cantina
Se il vino italiano è uno dei principali motori economici per fatturato di esportazione all’estero, certamente uno dei protagonisti del successo enologico italiano nel mondo è stato, in questi ultimi anni, dovuto alla produzione di Amarone che ha permesso al Consorzio della Valpolicella un buon flusso di vendite all’estero, soprattutto negli Usa, dove questo vino italiano piace moltissimo.
Ma perché l’Amarone, prodotto con uve Corvina, Corvinone e Molinara, uve di tutto rispetto ma non particolarmente pregiate, che vengono lasciate appassire sui graticci per un centinaio di giorni, ha un tale successo? Quale è la sua storia?
Il suo nome deriva dalla parola “amaro” e fu coniato nella primavera del 1936, quando il capo-cantina Adelino Lucchese, ritrovando una botte di vino Recioto dimenticata in cantina, si accorse che era diventato amaro, ma di un ottimo amaro, e pare che avesse esclamato: “Ma questo non è amaro, è Amarone!”
Praticamente il vino dolce Recioto, messo in botte e dimenticato, aveva continuato il suo processo di fermentazione fino a diventare secco. Gli zuccheri, trasformati in alcool, avevano eliminato la dolcezza dal vino che, quindi, per contrapposizione, venne chiamato Amarone.
Già i Romani erano soliti far appassire le uve e l’Acinaticum della Valpolicella era conosciuto già al tempo di Teodorico, nel sesto secolo D.C., citato dal suo ministro Cassiodoro che lo definiva “vino nero e maturo”.
La prima etichetta comparve, però, solo nel 1938 e solamente nel 1953 il vino fu messo in commercio. Fino al 1990 la produzione era soprattutto di Recioto ma, in seguito alla variazione del Disciplinare, che distinse chiaramente i due prodotti, la richiesta di Amarone cominciò a aumentare sempre più.
L’appassimento delle uve è fondamentale per la produzione dell’Amarone; nelle prime settimane di ottobre si scelgono i grappoli migliori, spargoli e perfettamente maturi, si raccolgono manualmente e si conservano in cassette di legno, per permettere la fuoriuscita dell’umidità e per favorire l’aerazione. Questa fase, che dura 120 giorni e serve a far sparire l’acqua dagli acini e a lasciare intatti gli zuccheri, fa perdere all’uva circa il 40% del suo peso e, solo alla fine di gennaio, viene pigiata e lasciata a lungo in macerazione sulle bucce.
La fermentazione è lenta, mantenuta a bassa temperatura per 30/50 giorni e serve a trasformare gli zuccheri in alcool.
Se il vino mantiene una alta percentuale di zuccheri, diviene Recioto. Se la percentuale di zuccheri è bassa è Amarone. L’invecchiamento è come minimo di due anni.
Come abbinare al meglio l’ottimo vino Amarone?
Con la selvaggina da piuma, e, in genere, con secondi piatti elaborati come il fagiano con noci e tartufo, le beccacce sui crostoni o l’anatra. Un piatto strutturato necessita di un vino intenso e importante.
Con le carni rosse, sotto forma di stracotto e brasato e tutte le cotture lente. Il gusto succulento ed untuoso di uno stracotto trova ideale contrasto in un Amarone alcolico dai tannini morbidi. Con il cioccolato. Alcuni amaroni ricordano i sentori di cacao e di cioccolato, cui spesso si aggiungono fini note speziate, di tabacco e caffè nelle versioni più invecchiate. Più un dolce ha alta intensità di cacao, più il vino da abbinare deve essere strutturato per non contrastare con lo zucchero del cioccolato.
Il risotto all’Amarone e le paste fresche con ragù d’anatra sono poi abbinamenti classici per concordanza regionale. Ottimo abbinamento, infine, con formaggi stagionati come il Taleggio, il Reblochon, il Murazzano e il Pecorino di fossa, il Parmigiano Reggiano di 36 mesi.