La prima donna premier: Meloni avanti tutta

Ormai è fatta e Giorgia Meloni è Primo Ministro. E siccome vogliamo essere ottimisti non possiamo che augurarle buon lavoro ed un grande in bocca al lupo. Gli italiani hanno bisogno di essere rassicurati da una certa politica bieca, sempre più miope e sorda alle esigenze dei cittadini. Che questo sia davvero il Governo del cambiamento.

Roma – Inizia l’era “Meloni premier”, la prima donna in Italia a capo di un governo. Svolta epocale ma non priva di contraccolpi nella coalizione di centrodestra. Nel 2018 il Cavaliere lasciò parlare Salvini, vincitore nella coalizione, ma ne numerò le frasi e intervenne per ultimo per lasciare il segno. Questa volta nessuno sgarbo istituzionale, solo la manina di Berlusconi per qualche secondo sul leggio della futura premier, che ha immediatamente tolto dopo un semplice sguardo della prima ministra. Una sola voce, dunque, a rappresentare la coalizione, quella di Giorgia: “Noi siamo pronti”.

Solo 7 minuti nel colloquio privato con Mattarella. Un buon inizio. Le elezioni sono finite ma gli strascichi dei risultati, nel centrodestra, rendono difficile la convivenza governativa. La pari dignità richiesta da Berlusconi infiamma il dibattito sulla formazione del governo e la sua sopravvivenza. La vicenda dell’elezione del presidente del Senato, gli appunti tutt’altro che amichevoli di Silvio Berlusconi, l’amicizia ostentata con Putin attraverso una registrazione carpita da qualche sabotatore interno di F.I., nonché il conseguente dissidio tra lui e la futura presidente del Consiglio esplicitano una verità sottaciuta di fronte all’exploit di FdI.

Una cosa è indubbia, che col 26% dei voti non si governa. Lo sperimentò, tra l’altro, Romano Prodi quando pur col 40% raggiunto al Senato e poco più alla Camera dovette accettare, per avere la maggioranza secondo quella legge elettorale, i voti di Clemente Mastella e Fausto Bertinotti, con contraddizioni che infine provocarono la chiusura di quell’esperienza di governo. La mancanza di un partito egemone è il motivo per cui in Italia i governi durano assai poco, frantumandosi all’interno delle coalizioni piuttosto che per l’azione delle opposizioni.

Giorgia Meloni fa bene a sottolineare di non essere ricattabile. Anche perché è ben conscia che si tratta, per lei e per il centrodestra, di un’occasione storica per dimostrare quelle capacità di governo su cui sono sprofondati gli esecutivi guidati da Berlusconi. È quindi giusto che i ministri siano di sua fiducia poiché sarà lei che dovrà risponderne. Il problema è quanto potrà resistere alle pressioni degli alleati, che hanno la possibilità di quel ricatto da cui cerca di sfuggire.

D’altronde se F.I. viene troppo umiliata nelle sue aspirazioni ministeriali il rischio di definire il prossimo governo di destra-centro, anziché di centrodestra, è dietro l’angolo e con tutte le probabili derive che tra i moderati ne possono scaturire. In sostanza, se Fi o Lega si defilano non c’è più maggioranza. Berlusconi come Bertinotti? Chissà, ma non sottovalutiamo Salvini ed il suo populismo. Il Cavaliere è certamente più cauto ma non è abituato ai no. Solo i giudici lo hanno azzoppato ma lui è riuscito non solo a riemergere, ma addirittura a diventare decisivo per la tenuta del governo. Ricordiamo il suo 8% e passa alle scorse politiche, praticamente come tutta la Lega! Il governo incomincia il suo cammino, le belle dichiarazioni non bastano più, certamente se FdI credeva di essere al timone per un viaggio tranquillo ha già avuto modo di ricredersi.

Più in basso la squadra di governo:

Nota dell’ufficio stampa del Presidente Giorgia Meloni:

Si precisa che a causa di un errore di trascrizione nella stesura della lista dei ministri sono stati erroneamente invertiti due nomi. Gilberto Pichetto Fratin: ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica. Paolo Zangrillo: ministro della Pubblica amministrazione

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