Non solo una bellezza naturale da ammirare e contemplare, ma anche una vera e propria terapia per persone affette da disturbi psichiatrici. Molti studi ci dicono che la montagna è benefica.
“Quando uomini e montagne si incontrano, grandi cose accadono” scrisse William Blake, poeta romantico britannico vissuto tra il XVIII e XIX secolo. D’altronde l’unicità delle montagne non scaturisce solo dalla loro natura che sfiora il sublime, coi suoi rilievi che si ergono sulla superficie terrestre, a rappresentare la loro maestosità. Per non parlare delle cime innevate che ci donano un paesaggio mozzafiato e paesaggi straordinari.
L’unicità della montagna è dovuta, anche alla “innovativa tecnica terapeutico-educativa che promuove processi evolutivi utilizzando le dimensioni potenzialmente trasformative dell’ambiente naturale”, che prende il nome di montagnaterapia. Già i nostri nonni ci dicevano che la montagna facesse bene, non solo al fisico ma anche alla mente. Abbandonare la città, ciò che non è essenziale, disperdersi nei suoi spazi infiniti è un confronto con sfide fisiche e mentali che non potranno che produrre benefici. Ma, come ha dichiarato la Società Italiana di montagnaterapia: “La montagna è un’utensileria unica di attrezzi per la riabilitazione di soggetti con fragilità. Non solo, purtroppo, i comuni disturbi di ansia e depressione, ma anche di minori che hanno commesso reati nella loro breve vita, fino ai soggetti psichiatrici veri e propri”.
È la dimostrazione che le fragilità non possono essere curate solo tra le quattro mura di un ambulatorio sanitario, in cui si manifesta la propria parte afflitta. Ma negli spazi aperti della montagna in cui emerge quella sana. I primi effetti positivi di questa tecnica consistono nel decremento del marchio sociale e, al contempo, la crescita dell’inclusione dei soggetti critici. L’equipe comprende sia personale sanitario, sia tecnici di montagna, che spesso sono membri del CAI (Club Alpino Italiano). Ad ogni singolo attore del progetto viene assegnato un obiettivo da raggiungere attraverso mezzi sempre più idonei, che sono il risultato trentennale di sviluppo e sperimentazione di questa metodologia.
Per i non addetti ai lavori risulta complicato comprendere come un lunga camminata tra le montagne possa dare benefici a pazienti affetti da autismo o da schizofrenia paranoide. Eppure succede, lo dice la gran mole di dati al riguardo. Vengono stimolate le abilità sociali e le capacità di risolvere i problemi, di lottare contro le difficoltà e di stare all’erta quando serve. In una cosiddetta vita “normale” sono aspetti scontati, ma in contesti difficili possono sparire e vanno ritrovati. Il successo di queste tecniche terapeutiche è dimostrato dal progetto “Dynamo Camp”, che, dal 2007 sulle alture pistoiesi, sviluppa programmi di terapia ricreativa per ragazzi con patologie gravi e croniche Tuttavia la montagnaterapia non è uno strumento ad uso esclusivo del paziente fragile, ma anche per chi non ne soffre affatto.
L’aspetto più interessante è la ricchezza degli approcci per ottimizzare i risultati, associato alla deistituzionalizzazione della persona sofferente. Perché all’interno della struttura sanitaria non può che esprimere solo la parte malata, mentre un paziente di questo tipo ha bisogno di esprimere tutto sé stesso. Se la montagna fa così bene, non ci resta che sperare in un incremento del cosiddetto “turismo montano” che oltre a produrre benessere a chi lo pratica, rimpingua pure le “casse” del settore. Confidando che la moltitudine non si comporti come “orde barbariche” senza rispetto per l’ambiente e la natura. Ma esibendo solo un volgare, consumistico e vago desiderio di vacanza, come spesso è successo col turismo di massa.