La lingua italiana sotto assedio: Mattarella e l’allarme sull’impoverimento digitale

Il Presidente della Repubblica ha lanciato un monito: la tecnologia rischia di ridurre il linguaggio a uno strumento troppo semplificato.

La lingua italiana tende ad impoverirsi a causa della tecnologia. In qualsiasi epoca storica c’è stato il dominio di una lingua su un’altra, come forma ulteriore di assoggettamento. E’ capitato durante l’impero romano, in cui la lingua latina fu imposta come quella ufficiale sulle altre. In realtà non fu un processo semplice, perché le lingue autoctone manifestarono una tale resilienza al punto che si realizzò una sorta di commistione tra l’una e le altre.

Il tema della difesa della lingua è emerso nel messaggio che il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha inviato il 3 aprile scorso per i 40 anni della Comunità radiotelevisiva italofona

Il tema della difesa della lingua è emerso nel messaggio che il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha inviato il 3 aprile scorso per i 40 anni della Comunità radiotelevisiva italofona, a cui appartengono le emittenti televisive che trasmettono in italiano nel nostro Paese, in Svizzera, Slovenia, San Marino, Città del Vaticano. In realtà più che a qualche potenza straniera, l’allarme del nostro Presidente si è rivolto a quello che ha definito “dispotismo di turno”, ossia la tecnologia in generale e l’Intelligenza Artificiale (IA) in particolare. Mai nella storia dell’umanità si è realizzato un processo sociale in maniera così rapida, efficace, pervasiva, totalizzante e che è penetrato in tutti i gangli dello scibile umano, tanto che non si è stati capaci di opporre alcuna resistenza.

L’avvento dell’IA a pieno regime potrà innescare una sorta di “depauperamento del pluralismo linguistico”, che avrà come effetto il progressivo indebolimento del patrimonio culturale espresso dai vari linguaggi, sostituiti da neo idiomi la cui funzione è principalmente di essere legata alla sola efficacia digitale. Il tema dell’IA sembra stia particolarmente a cuore a Mattarella. Ne aveva parlato, infatti, anche in occasione dell’incontro al Quirinale il 25 marzo scorso con l’Associazione Italiana Editori (AIE). Il Presidente aveva dichiarato che il ruolo dei libri assume un’importanza ancora più rilevante, malgrado le grandi opzioni dell’IA.

L’impulso alla lettura sarà decisivo per sollecitare il pensiero e potrà arginare il modus operandi, diffuso tra i giovani, di accorciare le parole

L’impulso alla lettura sarà decisivo per sollecitare il pensiero e potrà arginare il modus operandi, diffuso tra i giovani, di accorciare le parole, di comunicare con sigle e simboli. In realtà questo fenomeno non è del tutto nuovo. Le sue origini risalgono all’introduzione nel 1992 degli SMS (Short Message Service), i famosi messaggi di testo brevi inviati tra cellulari o tra questi e un computer, di lunghezza massima di 160 caratteri, che rivoluzionarono il modo di comunicare.

Proprio per stare nei 160 caratteri si iniziò a troncare le frasi o usare dei simboli. Attraverso questo processo il pensiero non si esprime in tutta la sua compiutezza per mancanza di… “arnesi” e rischia di svuotarsi di contenuti. Mattarella ha ribadito come la lingua sia l’attrezzo idoneo per accedere in un contesto culturale che nel corso dei secoli si è manifestato attraverso varie modalità: arte, scienza, stili di vita. Difendere la lingua italiana significa salvaguardare un patrimonio culturale minacciato dall’omologazione e semplificazione dei media digitali.

Oggi si comunica con un proliferare eccessivo di sigle, di parole contratte, quasi come se si stesse comunicando con una setta che predilige il linguaggio in codice, quasi omertoso. La lingua è uno strumento di libertà e di affrancamento. L’estromissione deriva propria dall’assenza di strumenti atti ad esprimersi. La sottomissione viene fomentata proprio dall’abolizione delle parole, sostituite da quelle della tirannide del momento. Riuscirà l’intelligenza umana a domare quella artificiale? A posteri l’ardua sentenza!

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