In Italia questa ‘pratica’ vuole essere bollata come reato universale. L’Ue colma un vuoto legislativo, ma come conciliarlo ai divieti del Bel Paese sulla gravidanza ‘su commissione’?
Roma – Il 14 dicembre scorso l’Europarlamento, anticipando il Natale, ha offerto in dono il riconoscimento della genitorialità in tutta l’Unione Europea (UE), indipendentemente da come un bambino è stato concepito o dal tipo di famiglia che lo accoglie. Inoltre, con questo atto è stabilito che: la genitorialità, approvata in uno dei paesi Ue, è riconosciuta da tutta l’Unione; sarà istituito un certificato europeo di filiazione per ridurre i costi e la burocrazia; il non riconoscimento sarà praticabile solo per ragioni definite e dopo valutazione individuale del caso.
Questa legge vuole garantire che tutti i minori possano godere degli stessi diritti in materia di istruzione, assistenza sanitaria, custodia e successione. Ora, i governi europei dovranno trovare, unanimemente, un accordo sulla versione finale della normativa. Si spera che le lungaggini burocratiche, fatte di lacci e lacciuoli, non ostacolino il percorso legislativo. Lo si deve, se non altro, a due milioni di minori che potrebbero trovarsi nella spiacevole situazione di figli di nessuno, se i loro genitori non venissero riconosciuti in un altro Paese UE.
Senza dubbio si tratta di una legge che va a colmare un vuoto legislativo su un fenomeno che si sta diffondendo e se i costumi sociali mutano e si evolvono, anche la legislazione deve essere all’altezza di questi cambiamenti. In Italia questo argomento va a toccare temi molto delicati che hanno a che fare con l’etica, la morale e la concezione del mondo. Come al solito si scontrano due visioni, quella ancorata ad una concezione della famiglia più tradizionale e quella più “progressista” più sensibile alle tematiche dei nuovi diritti sociali. La legge europea andrebbe a toccare un nervo scoperto del dibattito politico in corso nel nostro Paese e che riguarda la “gestazione per altri” o “maternità surrogata”.
Si tratta di una tecnica di fecondazione assistita, in cui una donna porta avanti una gravidanza per conto delle persone che poi diventeranno i genitori del bambino che nascerà, definiti anche “genitori intenzionali”. L’Italia, sua malgrado, si troverebbe costretta ad adeguarsi alla normativa europea e quindi a riconoscere i bambini nati con la maternità surrogata, che è vietata dal nostro ordinamento.
Addirittura, il desiderio del governo italiano è quello di rendere questa tecnica di fecondazione assistita reato universale, quindi perseguibile ovunque i genitori si trovino. Non vorremmo che fossero emessi una serie di mandati di cattura internazionali, come per i peggiori criminali. Mentre sono solo due genitori etero o omosessuali a cui viene loro negato, addirittura, per legge, il diritto di esserlo.
Di parere opposto e non poteva essere altrimenti, le associazioni italiane “Pro Vita” e il “Forum delle associazioni italiane”, il cui presidente, Adriano Bordignon, ha rilasciato le seguenti dichiarazioni: “si tratta di un evidente tentativo di trasformare la genitorialità in diritto e non come dono, imponendo la pratica della maternità surrogata, ovvero un’attività commerciale, a tutti gli effetti, che coinvolge agenzie di mediazione, cliniche, medici, psicologi e studi legali”. Restiamo in fiduciosa attesa degli eventi, sperando che il tempo sia galantuomo!