Il ruolo del maschio e il crollo della fertilità

Negli ultimi anni la figura maschile sta attraversando una sorta di crisi d’identità. Parallelamente anche la sua capacità riproduttiva sta scemando, come riporta uno studio scientifico condotto tra Israele e Stati Uniti. Scopriamo quali sono le cause.

Roma – Povero uomo, come ti sei ridotto! È proprio un brutto periodo quello che sta attraversando il maschio del genere umano. Nel corso dei secoli, invidioso della capacità procreativa delle femmine, in contrapposizione, ha sempre ostentato la virilità e con essa il potere di possedere il seme per l’inseminazione. Già da qualche decennio si sussurrava nella comunità scientifica che gli uomini avevano sempre meno spermatozoi a disposizione. Un recente studio, apparso sulla rivista scientifica Human Reproduction Update, a cura di scienziati israeliani e statunitensi, ha evidenziato che tra il 1973 e il 2018, la quantità di spermatozoi si è dimezzata.

Lo studio ha riguardato 53 Paesi dell’Amerca del Sud, dell’Asia e dell’Africa, di cui non si aveva riscontro in precedenti ricerche. È emerso che la situazione è simile all’Europa, Australia e Nord America. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) sono considerati nella norma i valori maggiori di 15 milioni di spermatozooi per millimetro. Nei decenni passati furono pubblicati studi da cui emergeva il problema dell’infertilità maschile, ma queste ricerche peccavano di coordinamento. Fino a che nel 2017 una cosiddetta meta-analisi, ovvero una ricerca di molteplici studi effettuati fino ad allora, a cura dell’Università di Gerusalemme, in Israele, non evidenziò una riduzione del 52,4% nella concentrazione di spermatozoi e del 59,3% della loro quantità tra gli anni 1973 e 2017.

Oltre alla loro riduzione numerica, è emersa anche quella della loro motilità, che, in un linguaggio più comune, potrebbe essere definita come “mancanza di forza del seme”. Tuttavia, nonostante i tanti studi dedicati all’argomento, non sono ancora del tutto chiare, fino a oggi, né le cause né le conseguenze di quella che i mass media hanno definito “crisi dell’infertilità maschile“. Esse potrebbero essere ricercate su alcuni fattori di rischio come l’obesità e il diabete, oppure gli stili di vita e l’esposizione a determinate sostanze tossiche. Si sa, da tempo, che queste ultime comportano squilibri ormonali che hanno ripercussioni sulla fertilità. Le sostanze dannose sono presenti spesso sugli oggetti e, a volte, negli alimenti.

Non esistendo una stima precisa di quanto possano incidere, viene, solitamente raccomandato, secondo il principio di precauzione, di mantenere un livello al di sotto di una certa soglia. Alcuni studi hanno mostrato una correlazione tra inquinamneto atmosferico, microplastiche ed elettromagnetico e riduzione della fertilità degli spermatozoi. I più ottimisti, pur notando un calo di spermatozoi e della loro motilità, tutto sommato, ritengono che gli effetti, fino a quando non saranno decisivi nella natalità legata a questo problema, sono, fino a questo momento, più che ammortizzati.

Inoltre, nonostante il declino, la concentrazione degli spermatozoi resta maggiore dei 15 milioni per millilitro, almeno secondo le informazione dell’OMS. C’è, peraltro, da segnalare che la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità, qualche anno prima, aveva indicato il numero di 20 milioni. Comunque, siano 15 o 20 milioni, l’onere del maschio è salvo! Al momento pare non correre rischi di perdere la capacità, col suo seme, di procreare. Se si sviluppasse la partenogenesi umana, ovvero lo sviluppo di un organismo vitale da un solo ovocita, senza fecondazione da parte de uno spermatozoo, allora sì che il maschio perderebbe tutta la sua baldanza. E il “suo sesso non potrà che darlo al gabinetto”, come recita una frase della canzone Disperato Erotico Stomp, di Lucio Dalla datata 1977!

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