Queste regole esistono nel Regno Unito, Svezia, Olanda e Finlandia. In Italia invece tra i dibattiti si vaga alla ricerca della retta via.
Roma – Niente smartphone ai minori di 13 anni, siamo francesi! E’ un modo per parafrasare il famoso titolo del film “Niente sesso, siamo inglesi”, una farsa teatrale esilarante e una sagace satira del perbenismo di costume inglese, messa in scena nel 1971. Ma è anche un titolo ironico per un argomento molto serio: la dipendenza dei bambini dagli smartphone che in Francia sta suscitando un acceso dibattito. Molti studi hanno rilevato gli effetti dannosi sul benessere delle persone e il presidente Macron (ancora per poco, visto che è stato escluso dal ballottaggio dopo 1° turno delle elezioni tenutesi il 30 giugno scorso) avrebbe intenzione di vietarlo ai minori di 13 anni. Anche perché secondo molti esperti in neurofisiologia e psichiatria, non c’è più tempo da perdere.
Addirittura è stato presentato un elenco di esortazioni tassative: proibire, prima dei 3 anni qualsiasi tipo di schermo; dai 3 ai 6 anni l’uso dei dispositivi solo con un adulto presente; niente smartphone prima dei 13 anni; niente social prima dei 15 anni, preferibile usarli dai 18 in su. Una normativa così limitativa non esiste in nessun Stato, anche se molti Paesi hanno dato delle disposizioni, quantomeno, per ridimensionarne l’uso a scuola. Indicazioni di questo tipo esistono nel Regno Unito, Svezia, Olanda e Finlandia. Negli USA, lo Stato di New York, avrebbe intenzione di vietare, a scuola, la connessione ad Internet. L’Italia, su questa tematica, vaga alla ricerca della retta via, vittima del cosiddetto paradosso del “lampione”.
Si racconta che sotto un lampione c’è un ubriaco che sta cercando qualcosa. Si avvicina un poliziotto e gli chiede che cosa abbia perduto. “Ho perso le chiavi di casa”, risponde l’uomo, ed entrambi si mettono a cercarle. Dopo aver guardato a lungo, il poliziotto chiede all’uomo ubriaco se è proprio sicuro di averle perse lì. L’altro risponde: “No, non le ho perse qui, ma là dietro”, e indica un angolo buio in fondo alla strada. “Ma allora perché diamine le sta cercando qui?”. “Perché qui c’è più luce!”.
Ormai la comunità scientifica è consapevole dei danni sui bambini e ragazzi dell’uso frenetico della tecnologia. A conferma di ciò, è stato pubblicato uno studio effettuato in Finlandia sulla rivista “Archives of Disease in Childhod”, specializzata in salute infantile. E’ emerso che sono le adolescenti a fare un uso maggiore dei dispositivi tecnologici. Trascorrono, infatti, 6 ore al giorno a smanettare e il 17% del campione manifesta dipendenza e disagi psicofisici. Anche l’Italia non è messa bene, come dimostra il recente “Atlante dell’infanzia a rischio”, a cura di Save the Children (organizzazione per la tutela dei bambini)), in cui viene evidenziato che i pericoli derivanti dal trascorrere molto tempo davanti agli schermi digitali incombono sin dalla più tenera età. Ormai i ragazzini utilizzano lo smartphone a colazione, pranzo e cena, al punto che secondo il recente rapporto EURES (Ricerche Economiche e Sociali) l’82% dei giovani è nella condizione di essere dipendenti dallo smartphone.
Che la tecnologia possa provocare danni in qualunque parte del mondo è confermato da quello che è capitato alla tribù dei “Marubo” in Amazzonia, in cui Internet ha avuto lo stesso effetto di uno tsunami. La rete è arrivata laggiù per la… benevolenza di Elon Musk, attraverso il satellite Elon Musk. Sulla stampa internazionale sono apparse cronache che descrivono il modo in cui si comportano i giovani di questa comunità. Come tutti i loro coetanei: sempre a smanettare, non parlano, si sono impigriti, si muovono poco e hanno poca voglia di lavorare. Sembrano stralunati! Comunque, delle iniziative vanno pur prese per arginare il fenomeno. Anche se imporre il divieto, può avere effetti controproducenti. Nel senso che qualsiasi imposizione suscita maggiore interesse e voglia di trasgredirla.