La situazione è gravissima e non si può continuare a sottovalutare i segnali che provengono da chi di finanza se ne intende. La politica del Bel Paese non promette nulla di buono.
L’ultimo bollettino della Bce, la Banca centrale europea, pubblicato nel mese di settembre, ci informa che siamo alla canna del gas, con le proverbiali pezze nel culo. Secondo le ”teste d’uovo” dell’Istituto di Francoforte la crisi economico-finanziaria scaturita dalla pandemia ha colpito i consumi privati nella prima metà dell’anno, scatenando in seguito un grande shock per tutta l’economia mondiale.
Ha avuto, inoltre, un impatto dirompente sulle finanze pubbliche per le quali è prevedibile un cospicuo disavanzo di bilancio. L’inflazione rimarrà sotto la parità nei prossimi mesi per le dinamiche relative al petrolio ed alla riduzione dell’Iva in Germania. La perdurante incertezza circa le prospettive economico-sanitarie continuerà a gravare sui consumi, frenando la ripresa economica. Già da oggi sono previsti aumenti sino al 15% di luce e gas, una botta senza precedenti.
I 540 miliardi di fondi approvati dal Consiglio europeo alle 3 reti di sicurezza (lavoratori, imprese e Stati sovrani) sommati ai 750 miliardi del Next Generation Eu sono senza dubbio un bel gruzzolo. Quest’ultimo è il nuovo piano di Bruxelles per far ripartire l’Europa. Sostanzialmente si tratta degli aspetti economici del Recovery Fund. L’Italia beneficerà di circa il 25% dei fondi a disposizione, così ripartiti: 82 miliardi di contributi a fondo perduto e 91 in prestiti.
Il refrain che circola negli ambienti accademici è sempre lo stesso: per una possibile ripartenza sono necessari ed indispensabili innovazione e sviluppo, una massiccia iniezione di tecnologia, banda larga e un wifi potentissimo. Inoltre, il Covid-19 ha reso manifeste tutte le criticità preesistenti: produttività stagnante, burocrazia elefantiaca, lentezza della giustizia civile e amministrativa e mancanza di infrastrutture al Sud. Non ci voleva la zingara per indovinare, recita un’antica canzone napoletana.
Ovvero non ci volevano i sapientoni della Bce per capire che la pandemia avrebbe scatenato un grave crisi su larga scala. E’ chiaro che gli economisti dell’Istituto europeo hanno fatto studi dettagliati ed analizzato una gran mole di dati. Ma che ci sia una crisi in corso è talmente palese che qualsiasi comune cittadino se n’è accorto. Se non altro perché la vive sulla propria pelle. E sono dolori. Ma al di là delle lacrime il vero problema è: come uscirne?
C’è in Italia una “Politica” all’altezza di una sfida così difficile? E’ possibile sperare in un new deal per l’asfittica economia nostrana? Una visione realistica dello status quo ci porta ad essere pessimisti. Ma la speranza è l’ultima a morire, come si dice in questi casi. Soprattutto in previsione di superare un momento non facile da gestire. Ci si augura che funga da faro che possa illuminare ed indicare la giusta rotta per raggiungere un porto sicuro. Altrimenti non ci resta che cambiare sartoria!
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