La Commissione contro il razzismo bacchetta la polizia italiana, ma molti studi parlano di un fenomeno sia esteso in molti paesi occidentali.
Roma – Il Consiglio d’Europa ha bacchettato le forze di polizia italiane accusate di razzismo. Ha destato sdegno il rapporto del 22 ottobre scorso a cura della Commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza (ECRI). Trattasi di un organo del Consiglio d’Europa che ha lanciato dei veri e propri “macigni” contro le istituzioni italiane, che non combattono il razzismo in maniera decisa. Nel rapporto si si parla di “profilazione razziale” nei confronti delle forze dell’ordine italiane, ovvero la pratica che prende di mira individui o gruppi specifici in base alle loro caratteristiche etniche, senza un motivo obiettivamente giustificato. Immediatamente ci sono state le reazioni sdegnate dei nostri politici, la premier in testa, sottolineando che le forze di polizia “lavorano con dedizione e abnegazione per garantire la sicurezza di tutti i cittadini, senza distinzioni”. E’ un aspetto molto delicato, poiché molti studi sostengono che il fenomeno sia esteso in molti paesi occidentali.
Secondo i dati dell’Istat di qualche anno fa, tuttavia, il tasso di criminalità degli stranieri regolari della fascia d’età 45-64 anni è inferiore a quello degli italiani. Mentre cresce in caso si stranieri irregolari che si trovano ai margini della società. Inoltre, nei più importanti paesi europei, dove è cresciuta la presenza straniera, la criminalità è in calo. Malgrado questa tendenza, le forze dell’ordine controllano più spesso le persone di “colore” piuttosto che le bianche, anche in paesi come gli USA e i Regno Unito, in cui l’immigrazione è diffuda da tempo. Un’organizzazione non governativa (ong) statunitense, la America Civil Liberties Union (ACLU) ha dedicato a questa tematica un’intera parte del proprio sito, a conferma di come il fenomeno sia sentito. D’altronde i casi di violenze contro persone di colore fermate dalla polizia negli Usa sono molteplici, alcuni dei quali hanno provocato, addirittura, la morte.
Il più recente è accaduto a Chicago lo scorso 21 marzo, dove cinque agenti in borghese hanno sparato 96 colpi in 42 secondi durante un controllo stradale. La vittima: Dexter Reed, un afroamericano di 26 anni fermato perché senza cintura di sicurezza. Ma questo “modus operandi” risale a molto tempo prima. Ad esempio, negli anni ’90 dello scorso secolo, l’allora sindaco Repubblicano di New York Rudy Giuliani diede alla polizia locale la facoltà di perquisire chiunque si trovasse per strada, senza motivazioni. I fermati (sarà un caso?) furono, soprattutto, neri ed ispanici. Questa pratica continuò fino al 2013, quando un giudice federale la considerò anticostituzionale. Anche se, nella stragrande maggioranza dei casi, la polizia usa i guanti di velluto contro gli agenti accusati. Poiché il fenomeno è molto diffuso, le autorità costituite hanno deciso di raccogliere dei dati su queste pratiche illegali per avere una visione complessiva più completa e, possibilmente, offrire delle soluzioni.
Ma il copione è sempre lo stesso. In California è stata istituita una commissione indipendente proprio sulla “profilazione razziale”. Ebbene, i dati confermano che le persone di colore o di altre etnie vengono controllate più spesso rispetto ai bianchi. Nel Regno Unito, unico paese europeo, si è deciso di diffondere i dati sulla profilazione razziale delle forze dell’ordine. Il governo aggiorna continuamente una pagina online dedicata all’argomento, in cui ci sono tutti i dati relativi alle persone non bianche fermate e controllate dalla polizia. In dettaglio i controlli verso le persone di colore sono state 24,5 ogni 1000, mentre i bianchi 5,9 su 1000. In Italia l’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione (ASGI), ha confermato la tendenza. In uno Stato che si dichiara democratico, la civiltà giuridica che prevede il rispetto delle persone di qualunque etnia, sesso e religione, è al primo posto. Se non c’è, democrazia non è!.