Inclusività ed equità per stare sul mercato

Il mondo del lavoro è in continuo mutamento ed in questa giostra molti hanno la sventura di perderlo e di non ritrovarlo. Altrettanti lo lasciano perché non hanno proprio voglia di lavorare.

Roma – Tra le aziende che riescono ad essere concorrenti su un mercato complesso, l’inclusività e l’equità nell’organizzazione del lavoro sono due fattori dirimenti. Ovvero tendono a creare un ambiente di lavoro dove tutte le diversità vengono valorizzate, così da dare a tutti pari possibilità di crescita in un sistema equo e coeso in grado di prendersi cura dei lavoratori a prescindere dal loro ruolo occupato, assicurandone la dignità, il rispetto delle differenze e le pari opportunità. Sono diventati aspetti così fondamentali che esiste, finanche, una classifica.

Il benessere dei dipendenti influisce sulla performance aziendale

Le aziende, invero, hanno preso consapevolezza che soddisfatte queste condizioni, oltre al benessere psicofisico del lavoratore, ne trae giovamento anche la produttività. La ricerca è stata condotta utilizzando il DE&I Index, un indicatore per valutare il coinvolgimento dei dipendenti nell’azienda. In particolare, sono stati presi in esame: equità di trattamento, coinvolgimento da parte dei manager, accessibilità e possibilità di equilibrare vita privata e lavoro. Tra i settori maggiormente presenti nella classifica ci sono: l’Information Technology, i servizi professionali, i settori finanziari e assicurativi.

Il report “Best Workplaces for Diversity, Equity & Inclusion” è a cura di Great Place to Work Italia, una società di consulenza in ambito risorse umane, dedicata all’analisi, riconoscimento e miglioramento del clima aziendale. Sono state valutate, anche, le seguenti condizioni: equità retributiva e riconoscimenti speciali; benefit per i dipendenti; meritocrazia nelle promozioni; attenzione per il benessere complessivo del lavoratore. Nel nostro Paese, è emerso il gender gap, in particolare per l’equilibrio tra vita privata e professionale e lavoro di cura. La maternità, inoltre, viene vista come un ostacolo con la conseguenza che una donna su 5 lascia il lavoro dopo la nascita di un figlio.

Organizzazione aziendale

Ci può essere nella grande, media e piccola organizzazione aziendale. Dipende dalla capacità di mettere in discussione i valori e il modus operandi del management, valutando i bisogni di tutti i dipendenti e non solo quelli del gruppo principale. Le aziende italiane più sensibili a queste tematiche hanno constatato che i propri dipendenti sono più propensi a cimentarsi nelle opportunità di innovazione e di coinvolgimento nei mutamenti in atto. La diversità di genere dei lavoratori sembra, dunque, agevolare l’innovazione e la creatività. Senza volere mettere in discussione la ricerca, tuttavia ci preme constatare che vivere in sano ambiente di lavoro è una considerazione che qualsiasi persona di buon senso riesce ad elaborare. Bastava chiederlo ai tanti pendolari che si trascinano tutte le mattine per recarsi al lavoro, in condizioni quasi pietose.

Un’altra pecca (ma c’era poco da dubitare) delle nostre aziende è la scarsa presenza femminile nei ruoli manageriali e dirigenziali. E’ necessario che le imprese si diano una mossa se mirano alla Certificazione della Parità di Genere, che può attuarsi attraverso il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza). Un aspetto curioso della classifica è rappresentato dal fatto che sono rappresentate imprese di diverse dimensioni. Sono presenti, infatti, aziende con più di 500 addetti, altre con 150 e oltre, altre ancora tra 50 e 149. A dimostrazione che una cultura inclusiva sul luogo di lavoro non deve, per forza, dipendere, dalla loro dimensione.

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