Alcune donne assassinate da un killer ignoto sono rimaste senza giustizia. Qualcuno ha sfruttato la “fama” del Travoltino per accollargli altri brutali omicidi? (Seconda ed ultima parte)
Genova – Dal momento del suo ingresso in carcere, Minghella professa la sua innocenza ad oltranza, convincendo anche don Andrea Gallo. Tramite l’intercessione di alcune associazioni cattoliche per il recupero dei detenuti nel 1995 l’ergastolano comincia a beneficiare del regime di semilibertà e viene trasferito nel carcere delle Vallette di Torino. Proprio nel capoluogo piemontese entra in contatto con la comunità di don Ciotti che lo indirizzerà presso una delle cooperative del gruppo Abele, dove per diverso tempo lavorerà come falegname.
Tutti ne parlano bene e ne dipingono un’immagine ben diversa da quella del mostro di Genova. Il fatto di essere un lavoratore permette al Minghella di trovarsi fuori dalla sbarre dalle 17 alle 22, e cosi facendo alimenterà nuovamente le sue perversioni. Se è vero che desideriamo tutto ciò che possiamo vedere, questo spiegherebbe come Maurizio Minghella possa aver sepolto tutte le sue più recondite ed oscene fantasie durante tutti quegli anni di carcere. Infatti una volta restituitagli la possibilità di avere contatti con il sesso femminile anche Torino si tingerà di rosso.

La prima vittima della seconda “chiamata” al sangue di Minghella è la prostituta Sulejmani Herjona. Le spoglie vengono rinvenute la mattina del 2 agosto del 1996 a Reano, in provincia di Torino. La vittima muore in seguito a diversi colpi inflitti da un corpo contundente, come le profonde ferite al capo suggeriscono chiaramente agli investigatori. Sul corpo anche i segni di carbonizzazione mal riuscita. Toccherà poi a Loredana Maccario, il 22 marzo 1997, trucidata e strangolata nella sua garçonnière in via Principe Tommaso nel quartiere di San Salvario. Il cadavere della donna è seminudo e in parte coperto da un lenzuolo e alcuni indumenti. Pochi mesi dopo, il 24 maggio 1997, Maurizio Minghella strangola con un laccio di una tuta da ginnastica la prostituta Fatima H’Didou. Sulla coscia della donna viene ritrovato un preservativo contenente sperma dell’uomo, elemento chiave che contribuirà ad incastrarlo.
Il 14 febbraio 1998 a Rivoli strangola con una sciarpa la prostituta Floreta Islami, di 29 anni. Il 30 gennaio 1999 strangola con un foulard la prostituta tarantina Cosima “Gina” Guido di 67 anni. La donna viene uccisa all’interno dell’appartamento nel quale esercita il meretricio, in largo IV Marzo, nel centro storico di Torino. La vittima viene rinvenuta dal marito completamente vestita, anche lei morta per asfissia e stesa sul letto matrimoniale. Alcuni fogli di carta assorbente da cucina giacciono ai piedi del letto, tracce biologiche del Minghella verranno rinvenute su questi ultimi.

Dal 1999 al 2000 altre quattro vittime, Carolina Gallone, Nada Shehu, Giuliana Vilali e Cosima Guido, tutte violentate e strangolate. L’ultima preda del “Travoltino” fu Tina Motoc, anche questa prostituta. Tina ha 20 anni ed è madre di una bambina di due rimasta in Romania, terra natia della vittima. Motoc viene assassinata nella notte tra il 16 e il 17 febbraio 2001 e il decesso viene descritto dai medici legali come: “[…]conseguenza della combinazione di un’anemia metaemorragica, di lesioni neurologiche e di asfissia meccanica conseguenti a un grave trauma cranico e all’applicazione di un laccio al collo costituito da calza di nylon, collegato con una legatura ai due polsi, che erano posti dietro al dorso[…]”. Secondo le indagini dunque la morte della donna avvenne per auto-asfissia causata da legatura per incaprettamento. Grazie alle diverse testimonianze, fra le quali quelle di alcune prostitute aggredite ma risparmiate dal Minghella, a causa dell’assenza di sangue mestruale, il killer viene arrestato il 7 marzo del 2001.
Fine pena mai
Il 22 novembre 2002 inizia il secondo processo a Maurizio Minghella. Gli avvocati difensori tentano immediatamente la carta dell’infermità mentale, ma la perizia a cura del dott. Enzo Bosco, del collega Franco Freilone e del prof. Salvatore Ruberto, già depositata agli atti in data 15 febbraio 2002, demolirà sul nascere la tesi della difesa. Dalla perizia risulta infatti che Minghella, benché dotato di un quoziente intellettivo borderline tendente al leggero ritardo mentale, sarebbe stato ben conscio di quello che faceva e del perché: soddisfare il suo bisogno patologico di un contatto diretto con la morte.
Per quanto riguarda la categoria delle vittime, sempre secondo le tesi esposte dalla perizia psichiatrica, vengono scelte in quanto simulacro della madre e brutalizzate poiché la genitrice del killer non fu in grado di difenderlo dalle violenze del patrigno quando era solo un bambino. Il quadro probatorio ai danni del Minghella e un macigno pesantissimo. Dopo l’arresto dell’uomo in casa Minghella vengono rinvenuti i cellulari delle prostitute uccise con il numero di matricola cancellato. Tra quei telefoni c’è anche quello di Tina Motoc, regalato alla sua fidanzata il giorno di San Valentino. Poi c’è la tecnologia forense, sempre più evoluta, che gli rema contro: le tracce biologiche lasciate sulle scene del crimine vengono analizzate e attribuite senza ombra di dubbio all’assassino seriale.

Il processo di primo grado si conclude il 4 aprile del 2003 e Maurizio Minghella viene condannato all’ergastolo per l’omicidio di Tina Motoc, a 30 anni di reclusione per gli omicidi della marocchina Fatima H’Didou e di Cosima Guido che in virtù dell’aggravante della continuazione gli costarono un altro ergastolo. Ma non basta: per le numerose violenze e aggressioni compiute tra il 1996 e il 2001 l’imputato accumula altri 131 anni di reclusione. Il 5 maggio del 2003 vennero disposti nuovi accertamenti dal PM Roberto Sparagna per gli omicidi di altre donne, ma dopo quasi un anno di indagine nel marzo del 2004 l’inchiesta su questi omicidi a carico di Minghella veniva archiviata.
Il 30 settembre del 2004 La Corte d’Appello di Torino conferma le condanne al “Travoltino” ma la pena venne ridotta da due ergastoli ad uno solo per una questione procedurale. Il fine pena mai viene confermato l’8 giugno del 2005 dalla prima sezione penale della Corte di Cassazione. Dopo due tentativi di evasione oggi Minghella si trova nel carcere di Pavia al 41 bis. Dovrà scontare una pena totale di duecento anni di reclusione. Rimane da scoprire chi ha ucciso le altre donne…