Colpa della globalizzazione come dicono? Macchè, le ragioni sono ben altre. Nessuno promuove e incentiva arti e mestieri che vanno scomparendo. La politica? Latitante.
Alla fine Livia non ce l’ha fatta e così, ieri, ha abbassato la saracinesca per l’ultima volta. Eppure Livia ce l’aveva messa tutta quando 15 anni fa aveva deciso di utilizzare una piccola bottega ricevuta in eredità dal padre per avviare un’attività commerciale. Piccole cose, piccoli oggetti destinati agli artisti e a chi, più in generale, amava il disegno.
Era un piacere entrare in quel negozietto pieno di colori, di attrezzi per dipingere, per modellare e creare piccole opere d’arte. Tra tutti colpiva la serie degli omini in legno, i manichini snodabili, così cari a Giorgio De Chirico, ormai quasi passati di moda, sostituiti dai più complessi ed articolati “figuarts”.
Livia, avevo così coronato un sogno: lei, brava disegnatrice e pittrice, che con le sue piccole opere aveva riempito, donandole, le pareti delle abitazioni degli amici e dei parenti, finalmente poteva mettere a disposizione la sua esperienza consigliando la scelta dei migliori prodotti esistenti in commercio a quanti volessero avventurarsi nel mondo della produzione artistica. Ma i sogni, quando si scontrano con una certa realtà, possono diventare incubi. Ed infatti, anno dopo anno, alle prese con una burocrazia matrigna e un fisco impietoso, le piccole entrate del negozietto andavano ad assottigliarsi. Per fronteggiare prima le spese correnti e poi marche, tasse, imposte, quote associative, e poi gli interessi dei piccoli prestiti in banca a tassi osceni, ed ancora il commercialista per il ricorso contro Equitalia, ed anche l’avvocato per l’opposizione ai decreti ingiuntivi ed al precetto per evitare l’inesorabile pignoramento, Livia, che non voleva arrendersi, riduce all’osso le spese.
Via il telefono, via le pulizie del negozio, che può fare, trattenendosi dopo l’orario di vendita, anche da sola. Via il tè ed il caffè che offriva agli artisti che in tanti pomeriggi affollavano il suo minuto spazio commerciale per discutere di tecniche e correnti pittoriche. Ma ogni suo sforzo non è stato sufficiente e si è dovuta arrendere, facendo il paio con la bottega di alimentari accanto alla sua ed il negozietto di fronte, ove si poteva trovare tanto piccolo artigianato locale che ormai non acquistava neppure l’occasionale turista.
Perché comprare da Livia se puoi acquistare su Amazon o dal cinese con la bottega a cinquanta metri dalla sua che ti vende un prodotto simile, ma di qualità scadente, ad un prezzo molto più economico? Chi se ne frega se il colore sbiadisce ed il cartoncino è più leggero e così assorbente che lo puoi usare anche come Scottex in cucina? Costa di meno e questo è quello che conta nella nostra asfittica economia! Ma quante sono le “Livia” che ogni giorno soccombono di fronte ad una politica sorda e cieca alle esigenze dei piccoli commercianti?
Secondo l’ultima stima di Confesercenti, nel 2019 saranno oltre cinquemila i piccoli esercizi ad avere chiuso i battenti, con una media di 14 al giorno, e dietro a ciascuno di essi ci sono uomini e donne con una loro personalissima storia fatta di sogni, speranze e cocenti delusioni.
La spesa delle famiglie italiane è in piena sofferenza e si riduce mese dopo mese, anno dopo anno, ed i primi a soffrirne sono i micro esercizi commerciali. Nella ricca Lombardia si è registrata una riduzione del consumo del 3,5%, mentre in Calabria si sfiora il 5%, né se la passano meglio le famiglie venete, che spendono il 4,4 in meno. La rappresentanza nazionale dei commercianti ci fa sapere che, in Italia, si sta attraversando una crisi strutturale che necessita di interventi urgenti atti a fronteggiarla e che quasi una attività commerciale indipendente su due chiude entro i tre anni di vita, con la conseguenza che si perdono, ad ogni chiusura, almeno due posti di lavoro.
In parallelo preoccupa una vera e propria “crisi di identità” delle nostre aree urbane, dal momento che sta sparendo la storica rete di vendita anche dei piccoli artigiani, che, commerciando le loro opere, hanno sin qui contribuito a rendere maggiormente attrattive le aree urbane. Una crisi economica che comporta, quindi, una grave conseguenza culturale determinata dall’avvilimento delle tradizioni, delle arti e dei mestieri, che aveva caratterizzato, positivamente, per secoli la nostra società. La speranza va riposta nei nuovi orchestrali a cui si chiede di cambiare la sinfonia, prima che siano costretti a suonare una definitiva, verdiana “messa da requiem”.