La deputata del M5S fa tornare alla ribalta il caso della poliziotta penitenziaria deceduta nel 2016 in circostanze tutte da chiarire.
Roma – Il mistero della morte dell’agente penitenziaria Maria Teresa Trovato, a nove anni dalla tragedia dai contorni opachi, continua a far discutere. Tanto che la deputata M5S, Stefania Ascari, ha depositato un’interrogazione per contribuire a “fare luce sui vari aspetti rimasti inesplorati della morte dell’agente e sull’ipotesi che dei feti siano sotterrati nel carcere”. “Il primo novembre 2016 l’agente penitenziaria Maria Teresa Trovato Mazza, detta Sissy, è stata trovata in un lago di sangue per un colpo di pistola alla testa nell’ospedale di Venezia dove era stata inviata per sorvegliare una detenuta. Dopo il coma di due anni e la morte, per il caso, in un primo momento, – spiega la deputata – è stata avanzata dalla Procura della Repubblica di Venezia richiesta di archiviazione avendo gli inquirenti ipotizzato il suicidio dell’agente”.
Successivamente però, “sono emersi, come apprendiamo da fonti di stampa, vari elementi rilevanti che contrastano con la tesi del suicidio. Tra questi svariate anomalie sulla dinamica del ferimento, che difficilmente si può immaginare come auto-inferto, ma che nono sono stati accertati nella fase iniziale delle indagini”. “A rendere ancor più allarmante il quadro, – prosegue Ascari – il contesto problematico nell’ambiente carcerario, dove Sissy era vittima, come da lei stessa segnalato alla allora direttrice Gabriella Straffi, di comportamenti mobizzanti da parte di colleghi e colleghe”.
Le tensioni, “stando a ciò che Sissy ha rivelato, – si legge ancora nella nota – erano determinate dalla sua volontà di fare luce su un presunto traffico di droga nella struttura carceraria, nonché su ammanchi di denaro nella gestione amministrativa delle buste paga delle detenute che Sissi stessa affermava di aver scoperto. Inoltre, ci sono segnalazioni molto inquietanti sulla presunta presenza di feti sepolti nel giardino del carcere, sulla quale l’agente Sissi stava investigando”. Il coordinamento di Libera Reggio Calabria, insieme al “Comitato Civico di Sissy, la Calabria è con te”, hanno condotto fin da subito una battaglia di verità, insieme al team di legali. Ed hanno evidenziato come “sulla pistola di ordinanza di Sissy, che sarebbe l’arma utilizzata per il ferimento, non siano state rinvenute impronte digitali, neanche quelle della stessa Sissy, come se l’arma fosse stata ripulita“.
Dubbi anche sul “telefonino di Sissy del quale, la famiglia, è certa che l’agente fosse in possesso quella mattina quando uscì di casa ma fu ritrovato, dopo qualche giorno, nell’armadietto personale dell’agente al carcere della Giudecca di Venezia, dove prestava servizio”. Misteri per i quali Libera e il Comitato avevano deciso di scendere in piazza. La famiglia di Sissy Trovato Mazza, di origini calabresi, non ha mai creduto che la giovane si fosse tolta la vita. Anche sulla base di uno scritto trovato in cassetto dopo la sua morte in cui la donna chiedeva un appuntamento alla direttrice del carcere femminile della Giudecca, perché a conoscenza di “fatti gravi” su alcune sue colleghe.