Un rapporto stilato dall’Organizzazione internazionale del lavoro ha fatto emergere un drastico calo degli stipendi italiani. Ad aggravare la situazione il radicale aumento del costo della vita.
Roma – Non c’è giorno che non si senta parlare a tutti i livelli della crisi economica in cui siamo sprofondati a causa dell’inflazione e della crisi energetica. D’altronde ognuno di noi la vive sulla propria carne. Ovviamente, ne ha risentito la crescita economica a livello mondiale e, mentre il costo della vita continua ad essere alto, i salari hanno registrato una notevole riduzione.
Tra i Paesi che più stanno subendo questo stato di cose, che può trasformarsi in una vera e propria emergenza, c’è l’Italia. A stabilirlo non è il primo catastrofista di passaggio, ma il rapporto dell’Oil, l’Organizzazione internazionale del lavoro, agenzia specializzata dell’ONU per la promozione della giustizia sociale e del lavoro, dall’eloquente titolo: “L’impatto dell’inflazione e del Covid-19 sui salari e sul potere d’acquisto”. Ebbene, è emerso che nel 2022 i salari reali a livello globale sono calati dello 0,9%, dato che non si era mai verificato. Tra le economie del cosiddetto G20, l’Italia è la nazione con la riduzione più alta nel periodo 2008-2022.
Da questa situazione non poteva che scaturire un forte calo del potere d’acquisto delle famiglie. A soffrirne di più è il ceto medio-basso, che si sta avviando sul cammino della povertà. Ovvio che la crisi scaturita prima dalla pandemia e poi dall’inflazione si sia abbattuta con maggiore vigore su lavoratori con basse retribuzioni. Durante la pandemia si è assistito alla perdita di posti di lavoro e diminuzione di ore lavorate nella fase più critica del Covid-19. Questi due fattori sono cresciuti di un punto percentuale nel 2020. Il rapporto evidenzia, inoltre, il successivo aumento del costo della vita, che ha dato il colpo di grazia alle già leggere buste paga. In Italia la crisi è stata più sentita perché l’inflazione ha colpito maggiormente beni e servizi primari, in cui l’aumento dei costi ha significato ulteriore perdita del potere d’acquisto. I più colpiti sono stati i giovani e i lavoratori di età compresa tra i 35 e i 50 anni.
Il contrasto dell’erosione salariale è il requisito principale per far crescere l’economia di un paese, anche per evitare una possibile recessione. Nel suo rapporto, l’Oil ha indicato le strategie da adottare a favore del potere di acquisto e del tenore di vita dei lavoratori. In particolare, poiché nel 90% degli Stati dell’Oil sono istituiti sistemi di salari minimi, un loro aumento sarebbe una misura molto utile. Questa strategia deve essere, però, il frutto del “dialogo sociale tra le parti” e “la contrattazione collettiva”. Inoltre, misure a favore delle fasce della popolazione più deboli, come, ad esempio, la somministrazione di sussidi alle famiglie a basso reddito per sostenerle nell’acquisto di beni di prima necessità, oppure la riduzione dell’imposta sul valore aggiunto.
Per attuare una strategia del genere, è necessario un Governo che abbia una visione chiara sulle cose da fare. Non pare che sia il caso del nostro. Infatti, per quanto riguarda i salari minimi e i sussidi per le famiglie più povere, le ultime decisioni governative sembra che vadano in senso contrario alle indicazioni dell’Oil.
Ci aspettano brutti tempi!