I fantasmi della migrazione al femminile, donne discriminate e invisibili

Gli studi sull’immigrazione evidenziano il pregiudizio della cosiddetta “cecità di genere”. Eppure le migranti sono 2,6 milioni.

Roma – Le migranti: invisibili, indistinguibili, ombre senza corpi! Secondo l’ultimo rapporto “Dossier Statistico Immigrazione”, a cura del Centro Studi e Ricerche Idos, una cooperativa e casa editrice con sede a Roma, che compie studi sull’immigrazione, le donne straniere censite, in Italia, sono circa 2,6 milioni, pari al 50,9% di tutta la popolazione straniera. Il dossier è basato su un approccio che evidenzia le caratteristiche delle nostre identità e delle relazioni che si stabiliscono, da cui si producono danni o benefici. In questo modo è stato possibile far emergere le discriminazioni subite dalle donne non bianche.

E’ da segnalare che molti studi sull’immigrazione sono vittime del pregiudizio della cosiddetta “cecità di genere”, ovvero un metodo che ignora il genere sessuale come fattore significativo tra le persone. Al contrario, un approccio di genere riguarda una valutazione complessiva di tutta una serie di cause mutevoli, che costituiscono un fardello pesante che le donne si portano per tutta la vita e che riguardano soprusi, violenze, discriminazioni. Per le donne migranti queste oppressioni sono ripetute e concomitanti. Malgrado il diritto internazionale sia basato sul rispetto dei diritti umani, pare considerare in modo inadeguato la particolare condizione di fragilità essenziale delle donne. D’altronde nel linguaggio giuridico, sino a qualche decennio fa, si parlava di rifugiato al maschile, come se le donne migranti fossero dei fantasmi.

Lo scorso febbraio è stata approvata la direttiva dell’Unione Europea che riguarda i diritti delle donne e le tutele contro la violenza sistemica. Il provvedimento è stato salutato dai vertici istituzionali con esternazioni di giubilo. In realtà, le femministe si sono adombrate in quanto, a loro parere, è stato privato di contenuti il significato di consenso e stupro. Nei fatti, come sottolineato dalla Piattaforma per la Cooperazione Internazionale sui Migranti privi di Documenti (PICUM) il provvedimento non prevede per le donne migranti senza documenti la possibilità di denunciare gli abusi senza rischiare l’espulsione.

Per quanto riguardo l’occupazione femminile delle migranti i dati sono critici. D’altronde non gode di ottima salute nemmeno la situazione delle lavoratrici indigene, tanto che il Belpaese occupa gli ultimi posti in Europa in questa classifica. A parte le scarse possibilità di trovare lavoro per i lavoratori immigrati, emerge un aspetto particolare che l’Eurostat, l’Ufficio statistico europeo, ha definito di “sovraqualificazione”. Si tratta della situazione di chi svolge mansioni inferiori al proprio livello professionale e non adeguate alla propria qualifica, alle proprie capacità e al proprio titolo di studio. Ebbene, il suo tasso, in Italia raggiunge il 48%, dietro solo alla Grecia. A significare che il 48% dei cittadini stranieri svolge un lavoro in cui è sovraqualificato.

Nel caso delle donne migranti la forbice è ancora più netta. Infatti, nei paesi europei tra lavoratori residenti e immigrati il divario è di 16,3 punti, tra le donne è di 21,6! Nel nostro Paese, inoltre le donne migranti sono occupate, perlopiù, nella cura e assistenza domiciliare, settore in mano ai privati con un alto tasso di irregolarità. A queste già soverchie discriminazioni, si somma quella scaturita dalla loro invisibilità. Come ombre sono escluse da qualunque contesto, sociale, politico, massmediatico. L’integrazione in Italia, come si è visto non è proprio ben messa e le donne migranti si trovano a essere vittime di una “doppia sfiga”, ovvero essere straniere e donne. La politica dovrebbe farsi carico del fenomeno, non solo a livello nazionale ma europeo, con una vera integrazione e legalità. L’aspetto più deplorevole è che per molti l’immigrazione è diventato un “business”, come dimostrato dagli scandali degli ultimi anni!

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