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Il generalissimo slega la Lega

Roberto Vannacci rischia di diventare una jattura per il partito di Salvini, mai diviso come adesso. Prima la storia infinita del Ponte sullo Stretto finita a tarallucci e vino, poi la candidatura del generale spezzino fanno vacillare la poltrona di segretario a capitan Matteo?

Milano – La spaccatura della Lega è ormai una realtà, inutile nascondersi dietro un dito. La faccenda del Ponte sullo Stretto e i guai tecnici che si trascinano da decenni e che impedirebbero, per motivi di sicurezza e di “altezza”, la costruzione di un’opera ciclopica a cui ormai non crede più nessuno, rappresentano già di per sè una sconfitta politica.

Per non parlare del generale Vannacci che sino a qualche mese fa negava di proporsi alle prossime europee cedendo poi al corteggiamento, insistente, di Salvini in persona che spera di racimolare i voti di una certa destra, soprattutto di quella estrema, che potrebbe orientarsi verso il candidato con la mimetica. Si era parlato di circa 800mila voti, un’enormità di consensi assai difficile da mettere nel carniere ma che sarebbe servita da specchietto per le allodole onde zittire il malcontento che, sin dalle prime settimane, aleggiava fra gli stati generali del partito di Pontida.

Quando poi Vannacci ha confermato la propria candidatura nelle file del Carroccio, apriti cielo. Gli scontenti per questa decisione voluta quasi esclusivamente da Salvini si sono subito fatti sentire: dal presidente del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, che ha detto di sperare che l’alto ufficiale “Possa contribuire a fare delle liste forti e ad ottenere un buon risultato per la Lega“. Lo stesso Fedriga, di contro, ha assicurato che lavorerà per sostenere i tre candidati friulani. Anche in Veneto l’opposizione a Vannacci è stata più che palese: l’assessore regionale allo Sviluppo economico Roberto Marcato ha detto che “Vannacci non lo voterò mai e poi mai, manco morto“.

Stessa lunghezza d’onda per l’assessore alla Protezione civile, Gianpaolo Bottacin, che ha detto papale, papale: “Vannacci non c’entra nulla con la Lega in cui sono entrato più di 30 anni fa. Fatico a capire questa scelta“, e per finire l’assessore all’Agricoltura Federico Caner il quale certo non la manda a dire: “Non è un valore aggiunto per la Lega e a Nord Est non ci porterà voti“. Poi ci sono i big di via Bellerio che hanno rincarato la dose: “Non condivido le sue affermazioni – ha detto il ministro Giorgetti durante la presentazione della candidata leghista Isabella Tovaglieri a Varese – e non è della Lega...”. E che dire in merito alle affermazioni di Paolo Grimoldi, già segretario della Lega in Lombardia tra il 2015 e il 2021? Grimoldi ha duramente commentato l’ingresso dell’alto rango nella prossima competizione elettorale:

La Lega con Salvini non è più un partito politico ma è diventato un cartello elettorale che candida chiunque per mettere insieme tre voti in croce ed evitare di dover dire che le europee siano una débacle assoluta…Come si fa a candidare uno che può dire una frase condivisibile, ma non sappiamo cosa pensa sulla riforma delle pensioni, sul fisco, sul federalismo, sull’agricoltura…Nella Lega c’è un dissenso che si allarga“.

Fra i più duri e chiari c’è stato Gian Marco Centinaio, vicepresidente del Senato, che durante la trasmissione radiofonica di Radio 1-Rai: “Un giorno da pecora” ha avuto modo di affermare il proprio, vivo disappunto: “La mia opinione è nota, la Lega deve candidare leghisti, già uno che deve meditare se candidarsi o no non lo sceglierei mai. Se Vannacci sarà candidato nella mia circoscrizione non lo voterò, sceglierò uno della Lega che si è fatto il mazzo sul territorio“. Una posizione netta che Centinaio ha ribadito nel corso di diversi incontri con l’elettorato della provincia di Pavia a dimostrazione che la candidatura di Vannacci è calzata stretta soprattutto ai fedelissimi di Matteo Salvini.

Il vicepresidente del Senato, Gian Marco Centinaio

Dunque chi crede ancora agli 800mila consensi? Forse solo Salvini ma, in cuor suo, nemmeno lui se è vero come è vero che Vannacci ha venduto solo 230mila copie del suo primo libro autoprodotto “Il mondo al contrario“, che gli è costata una sospensione per 11 mesi dal servizio per “carenza del senso di responsabilità” e “lesione al principio di neutralità/terzietà della Forza Armata”. Vero è che le copie vendute sono una cosa mentre i consensi sono un’altra ma, realisticamente, quanto vale Vannacci in termini di voti? E se fosse davvero un flop?

Il generale tira dritto per la sua strada e mentre presenta il suo secondo libro e quello scritto da Salvini a Napoli l’Arcigay ha presentato un esposto in Procura. L’associazione chiede ai magistrati inquirenti di valutare se sussistono i presupposti per ritenere che il volume “Il mondo al contrario” sia un pericoloso veicolo di propaganda di idee, azioni, attività e comportamenti omofobi, sessisti e razzisti. Si vedrà. Nel frattempo pare che la candidatura di Vannacci sia stata legittimata dal parere del ministro della Difesa dopo i dubbi sollevati dall’avvocato Massimiliano Strampelli, docente di diritto militare presso la Link Campus University di Roma che si rifà alle norme dell’ordinamento militare che pare precludessero la corsa agli scranni di Bruxelles. Lo stop giuridico dunque sembrerebbe scongiurato dall’interpretazione del ministero della Difesa, diretto da Guido Crosetto, in favore di Vannacci il cui nulla osta con le stellette è ormai scontato.

Proteste a Napoli

Ma i problemi sono solo all’inizio: a Napoli c’è chi rema contro il generale di divisione con un corteo di protesta. Con tanto di scontri contro la polizia. I manifestanti, che intendevano dirigersi nella sala dove il funzionario militare presentava la sua pubblicazione, mostravano uno striscione con su scritto: “Vannacci Napoli non ti vuole, fattene una ragione“. L’ufficiale prontamente, e quanto mai in maniera inopportuna, rispondeva alle provocazioni incendiando gli animi: “Non capisco perché non vengono in sala in pace, io sono per il confronto civile, li ascolterei e mi confronterei con loro…E comunque no, non temo per la mia incolumità e non mi sento accerchiato. Ringrazio i contestatori, che danno ulteriore lustro e importanza a questo evento...“. Forse il silenzio sarebbe stato preferibile ma Vannacci si sta bene abituando a far parte di un partito che ragiona sempre di più per slogan e luoghi comuni urlati dunque che faccia pure il suo gioco.

Insomma tutto questo clamore negativo non ha fatto bene a Matteo Salvini, diciamolo chiaramente. Prova ne siano le minacce di cui sono stati fatti oggetto lo stesso Salvini e la candidata capolista alle Europee Silvia Sardone durante la presentazione del libro scritto dal leader della Lega. “Fuori Salvini dai quartieri“, “Zona antifa, gli unici stranieri leghisti nei quartieri, fuori Salvini e Sardone dai quartieri“, “Non siete i benvenuti“, “Lega vergogna umana“, e cosi via sono solo alcune delle scritte apparse nelle vicinanze della sede milanese dove il segretario del Carroccio, il 3 maggio scorso, ha presentato il volume” Controvento, l’Italia che non si arrende“.

Proteste a Milano

Si tratta di vili intimidazioni di appartenenti all’estrema sinistra, quella dei centri sociali e di quache anarchico con il cervello in tilt ma il fatto la dice lunga sul clima di tensione che aleggia in giro e che non promette nulla di buono. Da Milano a Genova sino a Livorno. Anche nella città del “Caciucco” scontri fra manifestanti e polizia con tanto di lancio di una bomba carta per l’ennesima presentazione del saggio di Salvini. Morale della favola: libri e generali non portano bene, qualche scongiuro è d’obbligo.

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