GRANDE GESTO DI STRAORDINARIA SOLIDARIETA’ CRISTIANA

Il parroco della Chiesa di Monserrato), in occasione del suo cinquantesimo anniversario dell’ordinazione sacerdotale ha destinato la somma dei regali ricevuti, i risparmi personali e i contributi di generosi parrocchiani e amici, per completare un Centro di salute in Africa Il parroco della Chiesa di Monserrato, in occasione del suo cinquantesimo anniversario dell’ordinazione sacerdotale ha destinato la somma dei regali ricevuti, i risparmi personali e i contributi di generosi parrocchiani e amici, per completare un Centro di salute in Africa

Catania – Nella stampa si dà tanto spazio alle notizie che fanno scalpore, alla cronaca di fatti delittuosi e di cronaca “nera”, di mafia, delinquenza, droga; poco spazio, invece, hanno le “buone notizie”. Il bene, infatti, non fa rumore, ma nel silenzio immette nella società germi di positività e di speranza: non attira l’attenzione, non fa audience. Eppure ci sono tante persone che fanno cose belle e buone e nessuno le comunica.Nella società tante cose buone si possono fare: “Basta volerle fare”.

A Catania il parroco della Chiesa di Monserrato, una chiesa piccola, inserita nel contesto alquanto urbanizzato del centro  commerciale della Città, in occasione del suo cinquantesimo anniversario dell’ordinazione sacerdotale  (29 giugno 1967-2017) ha destinato la somma dei regali ricevuti, i risparmi personali e i contributi di generosi parrocchiani e amici,  per completare a Luanda, in Angola (Africa) un “Centro di salute”, aprendo 10 ambulatori medici, per venire incontro alle popolazioni bisognose.

E’ stato un lodevole gesto di servizio e di attenzione ai poveri in una terra lontana, senza un’attesa di ricompensa o di gratitudine.

La cultura della “diaconia” e del servizio, di cui Padre Barbagallo è stato maestro, avendo guidato come delegato arcivescovile il primo Corso Teologico “Sant’Euplio” per la formazione al diaconato permanente dei laici, trova nei suoi gesti un’espressione di concretezza e di realizzazione. Essere a servizio della comunità è lo stile connotativo del sacerdote e del diacono.

Mons. Alfio Barbagallo, che ha partecipato in Angola alla solenne cerimonia d’inaugurazione del Centro, alla presenza del Sindaco, della Municipalità dei medici, degli infermieri e di tantissimi malati poveri, ha riportato una forte emozione ed un’intensa consapevolezza dello stato di povertà di quella gente.

Ha visto con i suoi occhi la vera e drammatica povertà della gente che nasce, vive e muore nella miseria e nell’abbandono e ne è rimasto sconvolto.

Quella povertà è molto diversa dalla nostra, che pure merita anch’essa tanta attenzione e servizi da parte delle istituzioni e dei singoli cittadini e reclama una specifica attenzione da parte della politica.

Mentre oggi tanti parlano di accoglienza dei migranti e la televisione ha riempito i suoi palinsesti con le immagini dei barconi, con le connesse polemiche anche giudiziarie, nel silenzio operoso di un albero che cresce più che di una foresta che brucia, Padre Barbagallo, il 1° agosto del 2018, constatando che la casa canonica della parrocchia in via Balduino, a pochi passi dalla Chiesa, non veniva utilizzata, l’ha messa a disposizione, in comodato d’uso gratuito, affidandone la cura alla Comunità di S. Egidio, la quale si è fatta carico della ristrutturazione: lo scorso 27 ottobre la casa è stata inaugurata e benedetta, dando ospitalità a tre giovani nigeriani e a due italiani.

Si è dato così concreto riscontro al detto evangelico “Mi avete visto straniero e mi avete accolto”.

 Ecco un segno di concreta accoglienza, che ha fatto seguire i fatti alla proclamazione della “cultura dell’accoglienza”. Non solo parole, ma azioni e fatti concreti, come alcuni gesti di Papa Francesco, che ha fatto realizzare le docce per i barboni di Piazza San Pietro.

Catania è ricca di segnali concreti di carità e la storia ricorda il grande Cardinale Beato Giuseppe Benedetto Dusmet, che distribuiva ai poveri anche la biancheria e le lenzuola oltre al “panettello”.

Nel quartiere di Monserrato ha ben operato Suor Anna Cantalupo, Figlia della Carità, la quale, grazie alla generosa munificenza della baronessa Anna Zappalà, ha costruito la “Casa della Carità” per l’assistenza dei poveri a domicilio.

Durante le cerimonia di benedizione dei locali, il responsabile della Comunità di S. Egidio ha presentato ai fedeli della parrocchia le diverse modalità di accompagnamento e d’integrazione dei migranti e dei bisognosi, organizzati in piccole fraternità, con la guida di un responsabile della Comunità a garanzia del sereno coinvolgimento, nella condivisione delle diversità e nel reciproco rispetto.

Ecco come ha commentato gli eventi il parroco, Mons. Alfio Barbagallo

È da gridare a squarciagola tutto ciò che le comunità cristiane fanno per i bisognosi, vicini e lontani, perché il mondo veda, perché il mondo creda. L’Angola mi ha sconvolto. Constatare l’immane sofferenza di milioni e milioni di poveri senza acqua e senza fogne, che scappano non solo per la guerra, ma soprattutto per l’atroce miseria che li attanaglia.

Se fossi nato lì, sarei scappato mille volte anch’io. Le colonie, dopo avere sfruttato per secoli quei territori, hanno lasciato quella gente in una condizione disumana.

Meravigliosa l’opera dei missionari e dei volontari che costruiscono e gestiscono ospedali e scuole. Aspetto ancora che le nazioni europee e l’Italia in particolare aiutino sul posto questi fratelli.

I ciarlatani di turno seminano paura e odio, ma vadano a vivere per quindici giorni in quella miseria.

Il Centro di salute a Luanda, la casa alloggio di migranti e bisognosi sono un piccolo segno che Gesù continua ad essere vivo nel cuore dei veri discepoli”.

 Le considerazioni del Parroco sono indicative e sintetizzano il desiderio di aiutare gli extracomunitari nella loro terra di origine, realizzando centri di servizi e di assistenza in loco, come avvenuto per gli abitanti di Luanda, grazie alla generosa collaborazione di un sacerdote e alla condivisione di una comunità parrocchiale.  Questa è solidarietà umana e carità cristiana. Serve a poco pretendere e poi rivendicare l’accoglienza dei barconi, se poi le persone che arrivano non vengono adeguatamente sostenute nella ricerca di un lavoro, che, purtroppo, manca.

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