Numerose ricerche hanno evidenziato i benefici che producono i cosiddetti “orti urbani” per la biodiversità, oltre a prodotti più genuini da mangiare si riesce a rendere l’ambiente cittadino più amabile.
Roma – Oggi si sta assistendo al trasferimento della campagna in città. Tanto che è stato coniato un nuovo vocabolo: “rurbanizzazione”, attraverso cui si possono ricavare più alimenti coltivati in loco, rendere più piacevole l’ambiente urbano e, persino, fare abbassare le temperature quando raggiungono picchi estremi. Una volta si pensava che coltivare cibo avrebbe provocato seri danni alla biodiversità, perché disboscare un terreno, per trasformarlo in agricolo, prevede l’eliminazione di piante e animali locali.
Secondo l’ecologista Shalene Jha dell’Università del Texas di Austin, USA, si tratta di una vecchia idea secondo la quale l’agricoltura rurale dopo essere stata sottoposta a grosse coltivazioni industriali di mais o grano può avere conseguenze negative sugli ecosistemi. Questo, però, non è assolutamente vero per l’agricoltura trasferita in città e gli spazi verdi. Anzi, può favorire la biodiversità, soprattutto se chi se ne prende cura è orientato alla piantumazione di specie del luogo che sono un richiamo per insetti come, ad esempio, le api. Un aspetto particolare dell’”orto in città” è che il lavoro da svolgere è tutto manuale. Infatti, è complicato utilizzare qualche tipo di macchinario per il raccolto. Questa “costrizione”, in realtà, si trasforma in un toccasana proprio per il fatto che si lavora con le mani. Può, infatti, essere coltivata una accanto all’altra qualunque tipo di pianta. In questo modo aumenta anche la resa.
La biodiversità innescata da questo processo rende più forti gli ecosistemi urbani nella quotidiana lotta contro i parassiti che, al contrario, si svilupperebbero a dismisura con le monocolture. Un ulteriore beneficio è costituito dal fatto che coltivando l’orto in città si distribuisce la crescita delle piante floreali durante l’anno, in modo da diffondere l’offerta di cibo per gli impollinatori del luogo. Un processo, quest’ultimo, denominato “succession planting”. Gli esperti sostengono, infatti, che gli orti urbani ben attrezzati sono un forte richiamo per le api, soprattutto se ci sono molti fiori ornamentali. La presenza di orti urbani e di spazi verdi oltre all’impegno del singolo cittadino, necessitano pianificazioni urbane collettive. I vantaggi sono molteplici. Il verde assorbe l’acqua piovana, per esempio, rendendo più miti le inondazioni urbane.
Le piante, rilasciando vapore acqueo, abbassano notevolmente le temperature, che nelle città sono molto più alte che nelle zone rurali per la cementificazione selvaggia. Ma, purtroppo, non c’è, ancora una visione collettiva al riguardo. Il progetto non può essere portato avanti solo dal singolo cittadino, ma deve essere il frutto di una visione politica collettiva. Per far sì che un’ape possa raggiungere con facilità il giardino di casa, necessita che le città siano dotate di “catene di spazi verdi”. Basta un po’ di terra esposta e, producendo cibo per il consumo, si abbassano le emissioni legate al trasporto dei prodotti.
Tuttavia, come sempre, il veleno è nella coda. Nel senso che le difficoltà si incontrano nel trovare terreni da destinare allo scopo. E tutto questo costa. In secondo luogo c’è bisogno di acqua, che in alcune zone manca. Portare l’agricoltura in città dovrebbe essere una priorità politica, di qualunque governo che abbia a cuore le sorti dei propri cittadini. Anche perché entro la fine del decennio si stima che nella città vivranno più di 5 miliardi di persone. Quindi altro che andare a coltivare l’orto come attività di quando si va in pensione. Bisogna farlo, per avere vantaggi ambientali ed economici.