Gli anticonformisti del XXI secolo

Benestanti e disconnessi dalla rete e dai social: è questo il profilo dei nuovi anticonformisti. Ma non saranno i “nuovi snob”? Come per ogni cosa, ci vuole equilibrio. Rinunciare alla connessione perenne dovrebbe essere visto come una vacanza dello spirito e non come un atto di eremitismo.

Roma – Ogni epoca storica ha avuto i suoi gruppi, movimenti, associazioni definiti anticonformisti. Contrari, per definizione, ai principi e ai comportamenti dominanti in una società. Basta ricordare, tanto per citarne qualcuno, i “figli dei fiori” degli anni ’60 e i “punk” degli anni ’70. I primi predicavano “pace, amore e natura” e vivevano nelle “comuni”. I secondi esprimevano la loro idiosincrasia a qualsiasi forma di autoritarismo, soprattutto attraverso la musica, con un rock molto duro e aggressivo e l’abbigliamento, quanto mai bizzarro ed eccentrico.

Oggi, chi sono i nuovi anticonformisti? Pare che siano coloro che decidono di disconnettersi dai social e appartengono alla classe agiata. Uno di questi è Bernard Arnault, presidente di LVMH, multinazionale proprietaria di grandi marche della moda, che addirittura detesterebbe persino inviare email, seguito da molti altri benestanti.

L’essere disconnessi è la filosofia di questi novelli anticonformisti. Se tra gli adolescenti spopolano tutti i social che il mercato mette a disposizione, è tra gli universitari, soprattutto tra i dottorandi, che si sta diffondendo questa voglia di staccare dai social e prediligere libri, giornali e riviste. Anche il ritorno al vinile, nella musica, sta riscontrando un notevole appeal.

La tematica al centro di tutti i disconnessi, espressa in modi e forme diversi, è il controllo. Non vogliono essere controllati, né controllare. Molti rimpiangono i bei tempi andati, quando si poteva andare in un bar, parlare di tutto e di più, ballare sui tavoli, senza quegli infernali suoni prodotti dagli smartphone e, soprattutto, si faceva gruppo anziché star lì a smanettare.

I “disconnessi”, anziché smanettare con lo smartphone, prediligono le “chat dal vivo

Inoltre, l’aspetto che più infastidisce, fino a diventare vero e proprio odio, è l’utilizzo dei social per rendere conto di tutto, anche delle banalità più disparate, perché spinti dal desiderio di condividere il proprio stile di vita.

Predomina, come un dio dell’olimpo, l’ansia del controllo ad ogni costo. La vita non è vissuta, ma fatta vivere da altri. I social producono solo illusioni, perché tutti i seguaci dei personaggi più famosi non potranno mai imitarli nella vita, ma solo apporre la registrazione sulle loro pagine per visualizzarne i messaggi. E probabilmente a rodersi il fegato.

Una sorta di esaltazione punitiva. Poveri cristi che restano attoniti a guardare la via degli altri. Tutti gli anticonformisti disconnessi non sono eremiti che hanno deciso di vivere nel deserto. Ma persone in carne ed ossa, che come tutti, lavorano, mangiano, bevono, amano. Insomma, fanno tutto ciò che può un essere umano.

Solo che non vogliano vivere con la spada di Damocle dei social, perché bisogna nascondersi, sparire, per ritrovare sé stessi e non stare sempre al centro dell’attenzione del web. Molti esperti di costume li considerano i “nuovi snob”.

Gli analisti del costume considerano i disconnessi al pari degli “snob”, ovvero centrati su loro stessi

Il termine, secondo alcune interpretazioni, sarebbe l’abbreviazione latina “sine nobilitate” (senza nobiltà), ed era la registrazione universitaria inglese di Oxford, che intendeva, in questo modo, coloro che non avevano sangue blu. Secondo altre, invece, sempre da Oxford, ma dall’inglese dialettale, snob significa “ciabattino”, termine con cui gli studenti indicavano persone rozze e fuori luogo.

Oggi la locuzione ha assunto un significato negativo. Si intendono persone o gruppi che nell’atteggiamento o nel comportamento ostentano un’aristocratica, spesso eccentrica e non di rado ridicola, distinzione e raffinatezza, nel tentativo di identificarsi con una categoria sociale superiore. In poche parole, persone con “puzza sotto il naso”.

La tecnologia c’è e ce la teniamo, non possiamo farci nulla. Possiamo, però, difenderci dalla sua pervasività. La disconnessione, quindi, dovrebbe essere praticata come una vera e propria vacanza dello spirito, per non soccombere del tutto.                                                        

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