HOME | LA REDAZIONE

Gira la ruota delle Europee, chi saranno i leader in corsa?

Dal premier Giorgia Meloni a Elly Schlein, che potrebbero proseguire il duello a Bruxelles, a Salvini e Tajani che preferiscono sfilarsi. Renzi agguerrito parla di sfida bellissima e Conte si tira indietro ponendo la questione morale.

Roma – Sulla ruota di Bruxelles è già partita la corsa al numero vincente. Partecipo o non partecipo? È la domanda che frulla nella testa dei vari leader politici. La prima a interrogarsi è il premier Giorgia Meloni: inseguire il sogno di una destra al 30%, mostrando il proprio volto in cima alle liste delle europee potrebbe mettere a rischio i consensi. Ma in Fratelli d’Italia danno la cosa già per fatta, anche se l’insidia potrebbe essere che chi troppo vince rischia molto o tutto.

La prima a volersi assumere questo rischio sarebbe proprio lei, con due obiettivi: cambiare l’Europa e fare un test nazionale su di sé e sul suo partito. La scelta del presidente del Consiglio non è di certo priva di conseguenze: Matteo Salvini si è già sfilato perché sa che rispetto ai successi elettorali del 2019 per lui quest’anno la corsa alle preferenze sarebbe stata un disastro. Il leader della Lega e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti ha detto chiaramente che non scenderà in campo. “Resterò a fare il ministro a tempo pieno”, ha sottolineato Salvini allontanando ogni dubbio.

I tre leader del centrodestra

Stesso discorso per il segretario di Forza Italia Antonio Tajani, che non è stato altrettanto tranchant ma che ha paventato il rischio che un impegno in campagna elettorale possa nuocere all’attività del governo. Salvini e Tajani insomma si sono mossi in tandem e hanno lasciato il cerino in mano a Giorgia Meloni. Tocca a lei decidere, con gli scenari dai contorni sfocati che la scelta comporterebbe. Dopo il no di Salvini a correre per le Europee, il Carroccio ha infatti scelto di ribadire con nettezza l’appoggio a Christian Solinas, che non ha invece il sostegno di Fdi.

Dunque se la leader di Fratelli d’Italia dovesse decidere di correre, lo farebbe senza un’intesa con i suoi alleati. Non è un mistero che la presenza del premier capolista nelle cinque circoscrizioni elettorali delle Europee sarebbe un booster di 2-3 punti percentuali rispetto a quel 29% che i sondaggi già oggi attribuiscono a Fdi; da qui la ritrosia di Lega e Forza Italia. Non solo, nella ruota delle elezioni la partecipazione di Meloni oltre a aggredire i consensi degli alleati porterebbe via voti a Carlo Calenda e Matteo Renzi.

Matteo Renzi e Carlo Calenda

Secondo i sondaggi, la Lega è intorno al 9% mentre Forza Italia naviga qualche decimale sopra al 7%. Da qui gli scongiuri che stanno facendo Salvini e Tajani affinché il presidente del Consiglio torni sui suoi passi. Il leader del Carroccio manda anche un messaggio che sa di minatorio insistendo su Solinas in Sardegna: se non si trova l’accordo allora liberi tutti.

Chi invece ha le idee molto chiare è Matteo Renzi, che ha già annunciato urbis et orbis, a ottobre scorso, la sua partecipazione alla partita delle Europee. Il leader di Iv definisce la sfida bellissima: “Chi crede in un’Europa diversa da quella sovranista della destra radicale e quella populista del tandem Schlein/Conte ci dia una mano”, fa sapere dicendosi “molto fiducioso perché voterà per noi anche chi vuole un’Italia in cui si cambi questo Governo e cambi anche questa opposizione inconcludente”.

Renzi punzecchia anche gli avversari: “Meloni dice ‘voglio vedere se i cittadini mi danno fiducia’. Ma non è mica un test, un sondaggio”, tuona il leader di Iv, e sul ministro delle Infrastrutture aggiunge: “Salvini non si candida? Per forza, se la fa addosso. Salvini e Tajani temono di essere cannibalizzati. E Salvini che fa? Si prende Vannacci, un po’ di gente e manda avanti loro. Tajani poi ha paura anche della sua ombra”.

Il leader del Movimento 5 stelle Giuseppe Conte

Giuseppe Conte invece si sfila: “Per rispetto e trasparenza – ha anticipato il capo del Movimento 5 stelle – io non posso dire votatemi per andare all’Europarlamento perché poi non ci andrei. Lo facciano gli altri, prendano l’1 o il 2% in più. Anche questa è una questione morale”. Diversa invece la situazione del Pd. Voci che si riconcorrono giorno dopo giorno e che rafforzano la sfida Meloni- Schlein, fanno presagire che se il premier deciderà di candidarsi lo fara anche il segretario del Partito Democratico.

Elly Schlein ha ottime ragioni per scegliere di utilizzare il suo nome e provare a rafforzare il partito. La sua candidatura come capolista in tutti e cinque i collegi risolverebbe un problema interno e metterebbe a tacere le aspirazioni degli altri. Ma il pressing per affondare il duello Meloni-Schlein sale. Carlo Calenda, segretario di Azione, propone un patto: “Non dobbiamo candidarci perché in Europa poi bisogna andarci. Non vorrei candidarmi e vorrei che tutti i leader non lo facessero”.

Il segretario del Pd Elly Schlein

Quello che è certo è che le prossime elezioni europee saranno il vero banco di prova per misurare l’efficacia dei vari progetti politici, grazie al sistema proporzionale che permette ai vari partiti di presentarsi direttamente di fronte agli elettori senza intermediari. Intanto il puzzle delle candidature si andrà definendo nei prossimi due mesi. Gira la ruota, quale sarà il numero fortunato?

Facebook
Twitter
LinkedIn
WhatsApp
Email
Stampa