I giovani credono ancora alla befana! I giovani rappresentano una parte importante della società, a cui dovrebbero essere affidate le future sorti del mondo. Questo avviene, spesso, solo a parole perché la vecchia generazione è così abbarbicata al potere che mostra gli artigli ogni volta che si tenta di metterlo in discussione. Eppure continuano ad avere fiducia in vecchi organismi, come il sindacato.
Roma – È quanto emerso dal Rapporto del Consiglio Nazionale del Giovani (CNG), realizzato in collaborazione con Eures dal titolo: “Nuove professioni e nuove marginalità. Opportunità, lavori e diritti per i giovani del terzo millennio”.
Il CNG è l’organo consultivo a cui è demandata la rappresentanza dei giovani nella interlocuzione con le istituzioni per ogni confronto sulle politiche che riguardano il mondo giovanile. E’, inoltre, membro del Forum Europeo della gioventù che rappresenta gli interessi dei giovani europei presso le istituzioni internazionali. Eures, invece, è una rete di cooperazione europea dei servizi per l’impiego, concepita per facilitare la libera circolazione dei lavoratori.
Secondo la maggioranza dei giovani lavoratori il sindacato ha ancora un ruolo importante per la tutela dei lavoratori e per offrire un sostegno nell’affrontare criticità e problematiche in un contesto professionale in divenire. Il report è un’analisi dettagliata dei grandi sconvolgimenti che si sono palesati nei processi produttivi, in primis l’automazione e la digitalizzazione. Cambiamenti che hanno completamente riconfigurato il mercato del lavoro ed il livello delle competenze.
Nella ricerca è presente una dettagliata analisi degli annunci di lavoro. Ebbene, è emerso un aspetto che ne evidenzia il paradigma culturale. Infatti, il testo, spesso è declinato al maschile, tranne quando si utilizzano termini anglofoni (ad esempio, social manager) o ambigenere (consulente). Mentre nel 21% dei casi appare la doppia declinazione (addetto/a). E’ stato rilevato, inoltre, che la soddisfazione per la retribuzione percepita è quasi fifty/fifty.
Per il 54% dei lavoratori, lo stipendio è ritenuto soddisfacente e consono al lavoro esercitato. Poi c’è un 46% che si è espresso in maniera opposta, nel senso che ha ritenuto di percepire una retribuzione insoddisfacente. C’è da dire che quasi la metà dei lavoratori gode di uno stipendio fisso mensile. Ma, nella gran parte dei casi l’ammontare è costituito in tutto o in parte da parti variabili. Quindi alla fine, non conoscendo quant’è la propria retribuzione, restano chiusi nel cassetto progetti di vita e investimenti a lungo termine.
L’insoddisfazione maggiore è stata riscontrata tra i lavoratori che esercitano professioni digitali. A livello di opinione pubblica si è discusso molto delle virtù salvifiche degli strumenti digitali sia in termini economici che come risparmio di tempo. Potranno pure essere salvifiche , ma se la maggior parte lavora per uno stipendio inferiore ai 1000 euro, non c’è salvezza che tenga!.
Come ha dichiarato Maria Cirstina Pisani, presidente CNG: “…Le nuove professioni hanno aperto a vecchie e nuove marginalità che colpiscono soprattutto i giovani e, tra questi, le donne che rappresentano una componente particolarmente vulnerabile dell’offerta di lavoro. I dati indicano, infatti, come in Italia tra gli under 35 solo il 32% gode di un contratto ‘stabile’, mentre il restante vive di lavoro precario che non permette la propria realizzazione personale e professionale e non conduce verso una vita autonoma…
…Un dramma che colpisce le nuove generazioni, sia a causa di retribuzioni mediamente più basse rispetto a quelle degli over 35, sia per l’indice di occupazione pari al 41% contro il 58% complessivo e l’indice di disoccupazione che raggiunge il 18% contro il 9,5% della media europea. E ancora una volta, le donne sono le più colpite, costrette a fare i conti con la discriminazione di genere sin da subito, negli annunci di lavoro, in cui la declinazione al femminile non viene quasi mai utilizzata, se non per mansioni come segretaria, a dispetto della legge 903/77 che vieta qualsiasi forma di discriminazione nell’accesso al lavoro anche nei requisiti di preselezione. È per questo indispensabile mettere in campo tutti gli strumenti necessari per invertire questa tendenza….”.
Della serie: è cambiata l’orchestra, ma la musica è sempre la stessa. Stonata!