Eventi climatici estremi, le compagnie assicurative se la danno a gambe

Sborsati oltre 100 mld di dollari, un dato che per gli esperti, è stato maggiore del 22% rispetto alla media dell’intero XXI secolo.

Roma – Le assicurazioni se la danno a gambe dagli eventi climatici estremi. L’anno scorso, rispetto al 2022, secondo i dati diffusi da “Legambiente”, in Italia ci sono stati ben 378 eventi climatici estremi. E’ un lungo elenco di disastri, non ce ne siamo scampati nemmeno uno: frane, alluvioni, acquazzoni intensi, mareggiate spaventose, grandinate estreme. A completare un quadro apocalittico, non potevano mancare le temperature elevate che hanno trasformato le regioni del sud in un vero e proprio “inferno dantesco”. Gli effetti nefasti, oltre a provocare vittime, hanno determinato svariati miliardi solo per la ricostruzione e la messa in sicurezza delle zone che hanno subito i danni. Per le alluvioni in Emilia-Romagna e Toscana solo per riparare i danni si parla di 11 miliardi investiti. Ma “se Atene Piange, Sparta non ride”. Nel senso che anche gli altri Stati al mondo devono far fronte a catastrofi di questo genere, se non più virulenti.

La National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA, in italiano “Amministrazione nazionale per l’oceano e l’atmosfera”) è un’agenzia scientifica statunitense, che si occupa di previsioni metereologiche, monitoraggio delle condizioni oceaniche e atmosferiche e tracciamento di mappe dei mari. Ha diffuso un report da cui emerge che nel 2023 negli USA ci sono stati 24 eventi estremi che hanno prodotto oltre 67 miliardi in dollari di danni. Dal punto di vista globale le perdite sono state di 250 miliardi e i risarcimenti assicurativi di 95 miliardi. Una quota inferiore all’anno precedente, in cui si è raggiunto la cifra di 125 miliardi di dollari. Alla faccia del bicarbonato di sodio, tanto per citare una locuzione di stupore da parte di Totò.

Avere immobili e strutture murarie assicurate per danni, è importante come primo sostegno, in quanto i fondi pubblici hanno un percorso più lento, soprattutto perché frenati da lacci e lacciuoli burocratici. Poiché le assicurazioni non sono enti di beneficenza ma imprese, che in quanto tali mirano al profitto, più la zona è a rischio, maggiore è il premio che il contraente deve pagare. Il crescente numero di eventi climatici estremi può produrre un esborso continuo di risarcimenti, tanto che molte compagnie stanno pensando di darsela a gambe. D’altronde le cifre parlano chiaro: per il quarto anno di fila le assicurazioni hanno sborsato oltre 100 miliardi di dollari. Un dato oltremisura che, secondo gli esperti, è stato maggiore del 22% rispetto alla media dell’intero XXI secolo.

Questa tendenza sta producendo un corto circuito e una vera e propria crisi dell’accessibilità assicurativa, che vede gli aumenti dei premi direttamente proporzionali al crescere degli eventi estremi. Inoltre le banche per elargire un mutuo chiedono tra le garanzie la presenza di una copertura assicurativa. Quindi è come il cane che si morde la coda. Da qualunque prospettiva si guarda al fenomeno, a rimetterci è sempre il contraente in primis e, di conseguenza, le aziende assicurative che vedono i loro fatturati in calo. Di questo passo, le aziende o i fabbricati che possano coprire il loro beni con assicurazioni saranno sempre di meno. Non si può certo biasimare il comportamento delle compagnie, che una volta constatato che le perdite sono superiore alle entrate decidono di desistere dal proporre contratti in zone ad altissimo rischio.

Ciò che stride è l’indifferenza delle istituzioni politiche globali che non stanno attuato, almeno finora, un progetto di medio-lungo termine per la salvaguardia del territorio e dell’ambiente, che possa… assicurare, nel senso di proteggere, la sicurezza e il benessere dei cittadini e dei suoi beni, senza farne pagare quietanze di sorta!

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