La premier Giorgia Meloni: “Il suo impegno e coraggio guidano l’azione del nostro Governo attraverso il Piano Mattei”.
Roma – La politica ricorda oggi, a 62 anni esatti dalla sua morte, il “visionario” Enrico Mattei. A omaggiarlo per prima sui social è la premier Giorgia Meloni, che ha addirittura dato un’impronta concreta nel programma di governo alla figura dell’imprenditore e presidente dell’Eni morto il 27 ottobre 1962. L’aereo su cui viaggiava Mattei precipitò nelle campagne di Bascapè, in provincia di Pavia. “Un grande italiano, un visionario che prima di tutti ha creduto nella capacità produttiva ed economica della nostra Nazione”, ha scritto Giorgia Meloni sui social.
“Un imprenditore lungimirante, consapevole dell’importanza che la cooperazione con altri Stati avrebbe generato ricchezza e prosperità per i territori e per i popoli. A distanza di 62 anni – scrive la presidente del Consiglio – il suo pensiero è più vivo che mai e il suo impegno nella politica energetica guida l’azione del nostro Governo attraverso il “Piano Mattei”, una iniziativa in cui abbiamo fortemente creduto fin dal nostro insediamento, che permetterà di scrivere una nuova pagina fatta di crescita e collaborazione, soprattutto con i partner delle Nazioni africane”, conclude.
“Enrico Mattei fu un uomo di straordinaria visione e di grande coraggio. Lo ricordiamo oggi a 62 anni dalla sua tragica scomparsa. Di fede cattolica, fu determinato nel difendere l’indipendenza energetica del nostro Paese, – ha sottolineato il Presidente della Camera dei deputati, Lorenzo Fontana – lasciando un’impronta indelebile nella storia italiana. Il suo pensiero e la sua azione rimangono un libro aperto da cui attingere anche come fonte di ispirazione per le sfide attuali e del futuro”. Su Facebook il presidente del Senato Ignazio La Russa parla di un “pioniere dell’industria energetica e grande visionario. Ha dedicato la sua vita all’indipendenza produttiva ed economica della nostra Nazione, con uno sguardo sempre rivolto al futuro dell’Italia”. Interviene sui social anche Tommaso Foti, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, che ricorda la capacità di Mattei di “intuire, già allora, l’importanza dell’autonomia energetica da un lato e, dall’altro, della cooperazione tra Stati rendono ancora il suo pensiero di una grande modernità e fonte di ispirazione per l’operato del governo Meloni”.
“Vogliamo sviluppare le risorse dell’Africa perché il continente possa crescere. Abbiamo investito fin dall’inizio sul capitale domestico per promuovere lo sviluppo locale. La chiave di tutto è l’accesso all’energia per portare sviluppo e stabilità, permettendo all’Africa di sfruttare il suo potenziale per la crescita”. Sono le parole pronunciate da Enrico Mattei, l’imprenditore italiano fondatore dell’ENI e tra i manager che cambiò l’Italia del dopoguerra, morto in un misterioso incidente aereo. La formula Mattei dell’Africa per l’Africa, collaborazione invece di sfruttamento, una politica lontana da ogni tentazione neocolonialista, che operava fattivamente anche nell’interesse dei popoli del territorio africano, viene tramandata alla classe politica del 2024.
La visione di Enrico Mattei non era soltanto anticolonialista, ma puntava a un convinto appoggio al diritto di ogni popolo di perseguire il proprio riscatto politico, economico e sociale, anche attraverso l’affermazione della sovranità sulle proprie risorse naturali. Un modello all’interno del quale la nuova cultura economica rappresentata dall’Eni poteva e doveva consistere in uno strumento di affrancamento anche tecnologico dalle vecchie e nuove egemonie. La felice intuizione dell’imprenditore – uno dei pochi progetti di reale sviluppo per l’Africa attraverso concreti programmi di collaborazione – è scolpita nelle sue parole: “Abbiamo iniziato una nuova formula. Paghiamo i diritti che pagano gli altri e in più coinvolgiamo il Paese produttore al 50% nella produzione e nello sviluppo delle proprie risorse”. Sulla carta un progetto vincente, ma le variabili e le criticità sono tante in questo percorso verso la crescita dell’Africa.
Da allora sono passati 62 anni, ma si sa che ogni rivoluzione porta dietro di sé pesanti eredità. Un’eredità fatta di coscienza morale e impegno, oltre che di visione e lungimiranza. A gennaio scorso con 169 voti a favore e 119 contrari l’Aula della Camera ha approvato definitivamente il decreto legge Piano Mattei per lo sviluppo di Stati del continente Africano. Un piano strategico per la costruzione di un nuovo partenariato tra Italia e Stati del continente africano, volto alla promozione di uno sviluppo sostenibile e duraturo. Gli ambiti di intervento e le priorità del Piano, è scritto nel decreto, riguardano la cooperazione allo sviluppo, la promozione di esportazioni e di investimenti, l’istruzione e la formazione, la ricerca e l’innovazione, la salute, la sicurezza alimentare, lo sfruttamento sostenibile delle risorse naturali, l’ammodernamento e il potenziamento delle infrastrutture, anche digitali, il partenariato nel settore aerospaziale e in quello energetico e delle fonti rinnovabili e dell’economia circolare.
Un faro cruciale per la premier e il governo quello della realizzazione del Piano Mattei, tanto che la presidenza italiana del G7 ha voluto con forza aprire il summit di Borgo Egnazia con una sessione dedicata all’Africa e dai partner ha “raccolto ampio sostegno, ampia condivisione” sull’approccio italiano “che sta dando i suoi frutti”. Al termine della prima giornata di lavori Giorgia Meloni ha messo il sigillo a quella iniziativa che da subito aveva voluto trainante del summit in Puglia. L’Italia vuole farsi promotrice fra i Sette Grandi – con la premer che aprendo i lavori va dritta al punto – nell’affermare che “l’Africa ci chiede un approccio diverso da quello che spesso abbiamo dimostrato in passato”. Parole che Meloni aveva scandito ai partner, forte di una granitica convinzione sull’efficacia del ‘Piano Mattei’ varato dal suo governo.
Perché “all’Africa, ma non solo all’Africa, è legata un’altra questione fondamentale che l’Italia ha messo al centro della sua presidenza, la questione delle migrazioni”, aveva rimarcato Meloni, proponendo così la sua lettura su un tema che, in modi diversi, è nell’agenda di molti leader seduti attorno al grande tavolo di ulivo a Borgo Egnazia. Il Piano Mattei per l’Africa, era stato presentato a fine gennaio a Palazzo Madama. In uno scenario allarmante, tra le minacce del cibo sintetico che avanza, e la rivolta dei trattori che attraversava l’Europa. E poi la grande anomalia evidenziata dal ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida del continente africano che “ha il 60% delle terre arabili, la forza lavoro più giovane del mondo, ma non è in grado di essere autosufficiente a livello alimentare”.
E ancora, vale la pena di ricordare tra le azioni concrete ispirate al Piano ispirato al sogno di Enrico Mattei, il via libera, a fine luglio al decreto legge Infrastrutture che si compone di 13 articoli su diverse materie, tra i quali il piano di investimenti strategici nell’ambito dell’attuazione del Piano Mattei. C’è un focus sul Piano Mattei: misure per “il sostegno della presenza di imprese italiane nel Continente africano e per l’internazionalizzazione delle imprese italiane”. Su questo versante viene stabilito che le disponibilità del Fondo rotativo, fino a 200 milioni di euro, “possono essere utilizzate per concedere finanziamenti agevolati alle imprese che sono stabilmente presenti, esportano o si approvvigionano nel Continente africano e a quelle che sono stabilmente loro fornitrici, al fine di sostenere investimenti per il rafforzamento patrimoniale, investimenti digitali, ecologici, nonché produttivi o commerciali”.