Endometriosi il giornale popolare

Endometriosi: una nuova emergenza sociale

In occasione della Festa della Donna lo scorso 8 marzo al Parlamento Europeo si è svolto un interessante convegno dal titolo: “I diritti delle donne”, durante il quale si è parlato di una malattia dai mille effetti nefasti.

Roma – Problematiche femminili attuali in ambito sanitario e sociale.” Hanno partecipato diversi esponenti politici e il Presidente della “Fondazione Italiana Endometriosi” (FIE) Pietro Giulio Signorile che si è soffermato su come affrontare il tabù delle patologie femminili. L’endometriosi è la presenza di una mucosa, l’endometrio, che solitamente riveste esclusivamente la cavità uterina, all’esterno dell’utero e può riguardare il sesso femminile già alla prima mestruazione e accompagnarlo fino alla menopausa. Dal convegno è emerso che si tratta di una malattia molto diffusa, di cui se ne discute poco.

Solo in Europa si parla di 25-30 milioni di pazienti. Una vera e propria emergenza sociale dato che è una malattia cronica che si manifesta addirittura in età prescolare. Da questo punto di vista è fondamentale una corretta informazione, iniziando dalle scuole, dove sorgono le prime criticità che riguardano i diritti femminili. In passato, secondo obsolete teorie genetiche, questa malattia è stata messa in relazione col ciclo mestruale. Allo stato dell’arte, l’endometriosi è vista come una malattia inesistente. Ma se è, lo sono pure chi ne è vittima, che suo malgrado assurge al ruolo di fantasma. Si tratta, infatti, di donne giovani costrette a compiere il giro delle sette chiese e trovarsi con un pugno di mosche in mano.

Diversi anni per diagnosticare la malattia

Nel senso che sono enormi i ritardi per la diagnosi della malattia, che arriva anche dopo 8-9 anni. Inoltre, non essendoci una terapia risolutiva, viene inserito nell’elenco di quelle malattie considerate “emotive”. Secondo il professor Signorile bisogna ripartire dalla terapia intesa come cura e dall’ascolto dei pazienti, in modo che la patologia può essere diagnosticata prima e, quindi, assistita meglio. Sarebbe un investimento produttivo per il futuro, in quanto una diagnosi prematura comporta una spesa inferiore per curare la malattia.

I costi sanitari e sociali sono allarmanti. Secondo alcune stime solo in Italia vengono dissipate 33 milioni di giornate lavorative a causa delle assenze dovute alla patologia. In Europa pare che siano all’incirca 250 milioni. Cifre non di poco conto, anche perché lasciano trasparire la drammaticità del problema. Pare, infatti, che il sistema sanitario sia oberato di circa 7200 euro a persona. A questa problematica di ordine economica, se ne aggiunge un’altra, quella demografica perché questa malattia genera infertilità.

Ricerca traslazionale

Secondo la FIE per invertire la rotta sono necessari i seguenti rimedi: maggior coinvolgimento e informazione di scuola e famiglie; stabilire una proficua relazione tra il paziente e la struttura sanitaria; aumentare le risorse finanziarie a favore della ricerca traslazionale, che com’è noto, ha come obiettivo la trasformazione dei risultati ottenuti dalla ricerca di base in applicazioni cliniche e che contribuirà a diminuire il gap dei diritti tra uomo e donna.

Quest’ultimo aspetto rappresenta un’altra nota dolente. Nella classifica del gender gap, il Belpaese si piazza al 63esimo posto, in piena zona retrocessione. A dimostrazione del fatto che anche per la “salute” emergono delle notevoli disparità, sia negli investimenti che nel governo della malattia, diversi tra uomo e donna. E’ triste constatarlo, ma il sesso femminile, soprattutto quando si tratta di patologie di genere, trova molti ostacoli sia nell’accesso che nella qualità delle cure. E meno male che la salute, secondo la Costituzione, sia un diritto universale, senza distinzione di sesso, censo e religione. Altrimenti!

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