Limitare le libertà personali trova il suo fondamento in un principio comune alle diverse carte costituzionali. Nel rispetto della riserva di legge, è consentita la cura dei cittadini anche contro la loro volontà. In discussione la durata dei lock-down.
Lo stato di disordine esistenziale in cui versa l’Italia, a causa dagli effetti devastanti della pandemia da Covid-19, ha acceso il dibattito sulla complessità del fenomeno. Il rischio elevato di scivolare nel riduzionismo semplicistico imporrebbe di assumere un atteggiamento scientifico adeguato. La prudenza del novizio suggerisce di ricorrere alla forma condizionale che avvisa il lettore esperto del tentativo ambizioso di coniugare il rigore della riflessione accademica con la gradevolezza stilistica della scrittura giornalistica. In verità, la presenza di una quantità enorme di parole, immagini, interpretazioni, previsioni, mette a dura prova la nostra capacità di orientamento. Di qui, la necessità di mettere ordine.
Illustri studiosi affrontano la questione, ciascuno dal punto di vista della propria disciplina, in cicli di webinar che offrono importanti spunti di riflessione. Non è facile descrivere la varietà dei temi esaminati nel breve spazio di questo articolo. Tuttavia, è possibile evidenziare il motivo conduttore nell’esigenza condivisa di individuare strumenti giuridici ed economici che contribuiscano concretamente alla ricostruzione sociale e finanziaria del Paese. In questa direzione, appare auspicabile l’affermazione di una diversa organizzazione sociale che, progettata a misura d’uomo dagli stessi cittadini, superi la visione meramente solidaristica ed esalti i valori della fratellanza, della sussidiarietà, del rispetto dell’ambiente e della fiducia reciproca.
In particolare, il focus di buona parte della dottrina, è rivolto all’esame semantico del termine “emergenza” durante la pandemia. L’accezione comune di “circostanza imprevista” lascia il posto a quella di “momento critico” che richiede intervento immediato. Ebbene, nel nostro ordinamento questo lemma non trova una rispondenza esatta. Il lessico giuridico preferisce l’espressione “stato di pericolo pubblico”. In ogni caso, l’uso di questa parola è riconducibile, secondo Mauro Pennasilico, al riconoscimento del trinomio inscindibile formato da ambiente, economia e salute. Il conflitto tra visioni antagoniste del mondo pone nuove sfide il cui esito deciderà le sorti del pianeta. La sperequazione nella distribuzione della ricchezza si accentuerà in misura esponenziale.
In un siffatto contesto, il ruolo del giurista non è facile. Egli è chiamato a trovare soluzioni rapide ai problemi che sorgono, in maniera inevitabile, nel difficile tentativo di bilanciare interessi pubblici e privati. Occorre ammettere che esiste una gerarchia dei diritti e che quello alla tutela della salute prevale sugli altri. E c’è di più. Bisogna provare ad acquisire maggiore consapevolezza del fatto che l’offesa all’ambiente è un danno all’intera umanità. Sotto questo aspetto, diventa prioritario puntare al recupero del rapporto simbiotico tra uomo e natura, valorizzandolo come fattore trainante dello sviluppo.
La sostenibilità ambientale deve essere la soluzione e non il problema. Alfabetizzazione ecologica ed impegno civico, elementi di per sé generativi di benessere, dovranno diventare competenze imprescindibili della formazione scolastica e universitaria. Non sono mancate le critiche rivolte all’atteggiamento tenuto dal Governo durante quest’ultimo periodo. Alcuni commentatori parlano di deriva autoritaria, di calo della democrazia e arrivano ad ipotizzare una sorta di pestaggio della Costituzione. Altri, invece, sostengono che fattispecie e copiosità degli atti adottati sarebbero giustificati dalla necessità ed urgenza di trovare risposte adeguate in tempi brevi. La tutela della salute pubblica legittimerebbe appieno le azioni del presidente del Consiglio.
Fulvio Pastore non condivide questa posizione. Anzi, la scelta di utilizzare lo strumento del Dpcm (ne sono stati emessi in gran numero, senza precedenti) desta non poche perplessità. Esso non ha forza di legge. È un mero atto amministrativo che, finalizzato a dare attuazione alle disposizioni legislative, sfugge a qualsiasi sindacato (ad eccezione di quello del giudice amministrativo, qualora impugnato entro i termini).
È auspicabile, pertanto, che tale modello, utilizzato per bypassare, di fatto, il Parlamento, venga abbandonato a vantaggio dell’ordinaria produzione normativa, sottoposta alla rigorosa disciplina dei controlli (approvazione delle due Camere, promulgazione del Presidente della Repubblica, eventuale sindacato da parte della Corte Costituzionale). In altre parole, le restrizioni alle libertà fondamentali dei cittadini (quella personale di cui all’art. 13, quella di circolazione di cui all’art. 16 e quella d’iniziativa economica di cui all’art. 41) dovrebbero avvenire soltanto mediante legge o atto avente forza di legge.
Francesco Capriglione evidenzia che questa situazione emergenziale, sebbene abbia fatto emergere tutte le contraddizioni (politiche e istituzionali) del nostro Paese, ha spinto a riflettere sulla necessità di un recupero del rapporto simbiotico tra uomo e natura. Molte le domande senza risposta. La rinascita complessiva può avvenire in nome della sostenibilità ambientale? Perché la questione della carbon tax è stata sempre rinviata? L’attuale sistema capitalistico può sopravvivere senza la spinta consumistica?
Viviamo una contraddizione in termini: da un lato, pretendiamo maggiore rispetto per la natura dall’altro, favoriamo il consumismo. Forse, dovremmo cominciare a rivedere i modelli di produzione e tentare di costruire uno schema capitalistico più rispettoso della dignità umana. Immaginare un capitalismo mite, affatto aggressivo e che non sia spinto verso gli eccessi che hanno causato la crisi attuale. Chiediamoci perché mai le pandemie del passato siano così distanziate tra loro. Forse, la maggiore frequenza della nostra epoca è dovuta alla globalizzazione e alla rapidità degli spostamenti (in poche ore d’aereo il virus dalla Cina è arrivato in Europa).
Secondo Rainer Masera, giuristi ed economisti dovrebbero lavorare in maniera più collegata. L’approccio dovrebbe essere quello transdisciplinare. Il problema non può essere esaminato da specialisti che, utilizzando il metodo proprio della disciplina di appartenenza, producano una serie di risultanze monadistiche. Occorre andare oltre e privilegiare una dimensione in cui gli esperti affrontino le questioni con una logica basata sul mutuo scambio di pareri. Un modus operandi in cui le persone coinvolte lavorino insieme come se fossero in una squadra, evitando che la posizione di una possa prevalere su quella delle altre.
Il titolo V della Costituzione dovrebbe essere rivisto. Le competenze tra Regioni e governo centrale non sono così evidenti e rallentano le decisioni. Lo scontro tra le burocrazie genera un costo. Anche in Germania sono sorti problemi analoghi ma, essendo le regole tedesche più chiare delle nostre, alla fine, è stato specificato di chi sia l’ultima parola. La crisi dovuta alla pandemia, sebbene rappresenti un rischio, può diventare un’occasione per affrontare, in modo nuovo, gravi problemi ancora senza soluzione. Si pensi alle annose questioni del debito pubblico e del patto di stabilità. A volte, si dimentica che l’Unione europea è stata costruita sui principi di coesione e di reciproco rispetto che dovrebbero andare ben oltre l’osservanza delle regole formali.
In generale, in tutti i paesi del vecchio continente, l’approccio alla questione dei diritti fondamentali della persona è stato influenzato dal consenso politico dei governi che hanno gestito la pandemia, nonostante i sacrifici imposti alla popolazione. La decisione di limitare le libertà personali, sebbene possa apparire impopolare, trova il suo fondamento in un principio comune alle diverse carte costituzionali. Nel rispetto della riserva di legge, è consentita la cura dei cittadini anche contro la loro volontà. La tutela della salute pubblica prevale su tutto il resto. Se proviamo a fare un bilanciamento degli interessi, il valore della vita e della sicurezza dei consociati prevale sempre su quello della singola persona. La querelle potrebbe riguardare, semmai, la durata delle restrizioni.
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