L’uso di stupefacenti e sostanze dopanti è in continuo aumento. Le statistiche sono allarmanti, emerge un dato peculiare: il consumo intergenerazionale e interclassista produce assuefazione e inconsapevolezza.
Il consumo di stupefacenti e di sostanze dopanti è in continua crescita e le statistiche sfornano dati allarmanti. Ne salta all’occhio uno, in particolare: l’uso, interclassista e intergenerazionale, produce assuefazione e inconsapevolezza.
Già qualche anno fa, un libro, “Assuefatti”, di Antonella Fiori e Sara Casassa, aveva contribuito a rompere il muro del silenzio su un fenomeno ormai diffusosi in ogni fascia d’età e condizione sociale. Le statistiche evidenziano un sempre crescente consumo di ogni tipo di droga: dalla cannabis alla cocaina, dall’eroina all’ecstasy, dalle sostanze dopanti (in aumento anche negli sport dilettantistici) alle smart drugs.
Il volume affronta il fenomeno in modo poliedrico: dati scientifici, fatti di cronaca e testimonianze di vip e di personaggi meno noti, di genitori, di tutori dell’ordine e di consumatori. Emerge che farsi una canna non sarebbe come ubriacarsi: l’alcool è pericoloso perché attenua i riflessi, ma viene smaltito con velocità. Certo, il consumo prolungato nel tempo provoca effetti deleteri per l’organismo, ma la cannabis interferisce con i processi cognitivi, poiché il suo principio attivo, il thc, si lega ai ricettori cerebrali. Cosa ben diversa – è bene precisarlo – è la riscoperta negli ultimi tempi della cannabis a scopo terapeutico.
A ciò si aggiunge l’emergenza cocaina: una persona su due tra quelle che si rivolgono ai Sert (i servizi territoriali delle aziende sanitarie per la cura dei consumatori di droghe) abusa di cocaina. La base sociale dei consumatori va dai professionisti con ruoli di responsabilità (medici, manager, avvocati, ecc.) fino a persone di livello socio-economico medio o basso.
Ne viene fuori la nuova figura del drogato poli consumatore, diverso dai cocainomani emarginati di qualche decennio fa. Si tratta per lo più di soggetti insospettabili, convinti di poter gestire sostanze come la cocaina e l’ecstasy e di poter smettere quando vogliono. Nei confronti di chi ne difende il consumo parlando di naturalità di certe droghe, c’è da riscontrare che le sostanze in circolazione non hanno ormai più niente di naturale. Infatti, a partire dai semi, esse vengono modificate per diventare sempre più seducenti per il consumatore. Ad esempio, in uno spinello di oggi ci sono ormai tendenzialmente una cinquantina di composti e il principio attivo risulta molto più potente rispetto a quello una ventina di anni fa. Secondo alcuni esperti, quest’ultimo aspetto annullerebbe la differenza ideologica tra droghe leggere e pesanti, anche se il dato non è univoco e ci sono numerosi studi antitetici che contestano una simile deduzione.
L’anello debole della catena, come sempre, è il consumatore più giovane, in particolare l’under 18, con una struttura psicofisica in evoluzione. Un uso prolungato e continuo di sostanze di questo tipo produce su di lui effetti devastanti, con possibili crisi psicotiche.
La salute dei nostri giovani va tutelata anche con un cambiamento culturale da parte degli adulti. Ciò è vero, soprattutto, per il diffuso utilizzo del doping negli sport dilettantistici. Si moltiplicano infatti i giovani che sono vittime dell’ingordigia di allenatori, manager, sponsor e genitori. Quest’ultimi utilizzano spesso i loro pargoli come strumento di riscatto da una vita grama o addirittura come possibili chiavi per spalancare un futuro immaginario fatto di soldi e lussi. Soggiogati dal miraggio del successo, da raggiungere a ogni costo e superando qualsiasi limite, genitori e figli si dirigono così, mano nella mano, verso il baratro. Forse la battaglia contro le droghe si potrà definitivamente vincere solo mettendo contestualmente in discussione il nostro concetto di competitività a tutti i costi.