La preghiera di Papa Bergoglio è stata male interpretata dagli ucraini. La situazione di incertezza sul fronte economico e sociale che la guerra ha aperto, anche per le ripercussioni sul mercato energetico e sull’approvvigionamento di materie prime, potrebbe determinare un pesante impatto sulla tenuta sociale del Paese. La coesione è a rischio.
Roma – La Chiesa di Roma contestata da Kiev. Anche la Via Crucis di Papa Francesco è stata segnata dalle polemiche. I media nazionali ucraini non l’hanno trasmessa per protestare contro la decisione di affidare la XIII stazione ad una giovane russa e ad una sua coetanea ucraina, in segno di riconciliazione tra i due popoli. Che figuraccia davanti al mondo. Queste pessimi comportamenti si tengono quando non si vuole comprendere lo spirito che ha animato la scelta, una manifestazione simbolica di pace e perdono. La preghiera del Pontefice, infatti, era orientata in questo senso: “…Dio, disarma la mano del fratello alzata contro il fratello, porta gli avversari a stringersi la mano e fa che gustino la concordia…”.
Intanto il Santo Padre continua a lavorare incessantemente per la pace. È degli ultimi giorni il colloquio via Zoom con Kirill, il Patriarca russo, sul tema della guerra in Ucraina. È trapelata, recentemente, una notizia che ha annunciato come imminente il viaggio del Papa in Kazakhstan in occasione del congresso delle religioni mondiali. In buona sostanza niente di meglio per fare da cornice all’incontro ecumenico ed approfittare dell’opportunità per offrire parole di concordia.
La guerra, intanto, continua inesorabilmente a mietere vittime, mentre la parola “mediazione” sta lentamente scomparendo dal vocabolario politico italiano ed europeo. Tutti i leader UE affermano di avere tentato di dissuadere Putin dal proseguimento dell’invasione ucraina, ma nessuno ha riferito quali argomenti siano stati messi sul tavolo delle trattative per una discussione seria e proficua.
Certamente se si ponessero solo anatemi e richieste unilaterali sarebbe un bluff incredibile. Se si volesse veramente trattare per porre fine a queste barbarie si dovrebbe mediare una tregua, come dice il Papa, per concordare tra tutti gli Stati di non tendere al riarmo, ma valutare altre strade di comune buon senso, anche se lo Zar non ha dimostrato alcun interesse al ritiro delle proprie truppe.
Intanto l’ostinato mutismo di Grillo sul fronte della guerra è assordante. Continua il lungo silenzio del fondatore dei pentastellati sull’invasione dell’Ucraina. Dall’inizio del conflitto il comico non ha commentato con una sola parola il massacro in atto, forse per non spazientire Conte. Persino il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, legato al presidente russo da una lunga amicizia, lo ha condannato duramente affermando di essere “…Deluso e addolorato gravemente dal suo comportamento…”.
L’Elevato del M5S, invece, sul suo blog parla di energia eolica, di fiori galleggianti per il più grande progetto solare del mondo e di partecipate pubbliche italiane, che risulta abbiano chiuso un bilancio con un risultato di esercizio pari ad un miliardo di euro.
Insomma una premessa forse per dire che è arrivato il momento di aggregare i grandi poli strategici nazionali, in un momento in cui assistiamo ad una ridefinizione dell’ordine internazionale, che potrebbe essere intesa come l’unico, lontano, riferimento alla guerra.
In ogni caso fanno ancora rumore le dichiarazioni di Grillo, come quella del 2017, in cui affermava che “…La politica internazionale ha bisogno di uomini di Stato forti come Putin e come Trump…”. Mentre oggi, per il Beppe nazionale, sembra che non stia succedendo niente, anche se non è stato il solo ad osannare l’invasore in tempi non sospetti.
Per di più trovandosi in buona compagnia con tanti altri politici i quali hanno fatto ammenda, alcuni in modo esplicito ed altri meno. Adesso comunque è arrivata la resa dei conti e non è più il tempo di guardare indietro. E’ d’obbligo per tutti lavorare per la pace in modo serio. E subito.