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Cuneo fiscale, sarà vera gloria per le tasche delle famiglie?

Il cuneo fiscale è all’ordine del giorno nell’agenda del Governo Meloni. Un problema delicato e sentito. Milioni di famiglie italiane subiranno gli effetti dei provvedimenti che verranno intrapresi con la speranza che ti tramutino in vantaggi reali.

Roma – Da troppi anni si parla di abbassare le tasse per permette a milioni di famiglie di vivere meglio, senza l’incubo della spesa imprevista che non si può affrontare. La riduzione dei balzelli sul lavoro è una costante nei vari programmi elettorali e dei governi che si sono succeduti negli ultimi decenni. Nel mirino è soprattutto, ma non solo, il cosiddetto cuneo fiscale, cioè la differenza dovuta al Fisco tra lo stipendio lordo versato dal datore di lavoro per il dipendente e la busta paga netta incassata da questi.

Per spiegare ciò che è successo basta fare riferimento a un solo valore: nel 2022 il cuneo fiscale italiano è stato pari al 45,9%. La una media Ocse era invece del 34,6%, senza considerare che ancora oggi c’è la necessità di sostenere i salari visto che l’inflazione di fatto riduce il valore della retribuzione. Insomma, nonostante gli interventi per tagliare il cuneo fiscale, i livelli sono pressoché uguali a quelli dell’inizio del 2000. Se, infatti, 23 anni fa il prelievo fiscale e contributivo sul lavoro in Italia si attestava al 47,08%, nel 2021 la percentuale è scesa solo fino al 46,52% (dati Ocse). Nel frattempo, praticamente ogni Governo ha approvato norme per la riduzione del cuneo, tendenza recentemente confermata dall’esecutivo Meloni, che ha stanziato risorse per il taglio sia in legge di bilancio che nel Def e per ultimo con il decreto lavoro.

Giorgia Meloni è alle prese con il cuneo fiscale.

In quest’ultimo provvedimento, è previsto il taglio del cuneo fiscale di 4 punti per i redditi fino a 35mila euro lordi. Vale nel complesso 3,5-4 miliardi che, spalmati in 9 mesi, secondo alcune valutazioni, può arrivare a valere 80-100 euro mensili in busta paga. Tanti premier ci hanno provato. Da Monti a Letta, passando per Renzi, Conte e Draghi, tutti i recenti esecutivi hanno approvato misure per tagliare il costo del lavoro. Un mix di interventi su Irpef, Irap, Inail e contributi. Tuttavia, il valore del cuneo fiscale italiano rimane sempre più o meno stabile negli anni, perché, spesso, le misure approvate hanno un orizzonte di tempo limitato. Tanto per essere chiari, il taglio del cuneo definito con l’ultima manovra, ad esempio, varrà solo per il 2023 e proroga una misura approvata dal Governo Draghi.

Si tratta, perciò, di interventi non strutturali, che non incidono sul costo del lavoro nel medio-lungo termine. Insomma, provvedimenti tampone che se non messi a regime e prorogati, i relativi aumenti vengono assorbiti dall’inflazione senza produrre ricchezza. Tutti ricordano che l’esecutivo presieduto da Renzi nel 2014 ha elargito, per le fasce deboli, il bonus da 80 euro. In pratica, una detrazione da 960 euro l’anno per i lavoratori dipendenti fino a 24mila euro di reddito. Il Governo, in sostanza, aveva calcolato una spesa di circa 10 miliardi. In seguito, il bonus Renzi è stato poi aumentato a 100 euro mensili, per i redditi fino a 26.600 euro lordi, dal secondo Governo Conte. Il provvedimento, valido solo per la seconda metà del 2020 è stato poi reso strutturale con la legge di Bilancio successiva. L’estensione era costata 3 miliardi nel 2020 e 5 miliardi nell’anno successivo.

Ecco come cambia il bonus Renzi nel 2023.

Prima di Meloni il Governo Draghi aveva già fatto per i lavoratori un taglio del cuneo del 2%. L’esecutivo guidato dall’ex presidente della Bce ha però ridotto anche l’Irpef, con una manovra da circa 7-8 miliardi che ha portato da 5 a 4 le aliquote previste. A questo si aggiunge, con un evidente impatto sui conti delle famiglie, l’arrivo dell’Assegno Unico, che costa in totale circa 18 miliardi l’anno, raggiunti raggruppando quanto previsto in passato per varie misure in favore dei figli a carico, ma per il quale sono state stanziate risorse aggiuntive per circa 6 miliardi l’anno. Un alleggerimento fiscale, dunque, del governo Draghi, che vale circa 15-16 miliardi. Il resto è storia recente.

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