Dalla contrattazione collettiva alle nuove misure di inclusione attiva: le strategie della ministra Calderone per favorire l’ingresso nel mondo del lavoro e contrastare la povertà.
Roma – Tante le riforme che si attendono da tempo, fra queste vi è quella di riuscire ad abbassare la percentuale del cuneo fiscale, in modo che lo stipendio lordo del dipendente si possa avvicinare il più possibile al netto in busta paga. D’altronde la differenza tra costo del lavoro per le aziende e stipendio netto per il lavoratore non è uguale in tutto il mondo e dipende dal sistema fiscale e contributivo di ogni Paese. Proprio quest’ultimo dovrà essere oggetto di sostanziali modifiche nel corso del tempo, onde rendere più pesante la busta paga del dipendente.
Questo tipo di intervento, dunque, permetterebbe di modificare quanto trattenuto al lavoratore nella busta paga e, conseguentemente, anche la parte di oneri a carico del datore di lavoro. Vedremo come avverrà. In ogni caso, durante la legislatura vi è l’impegno a ridurre almeno del 5% il cuneo fiscale. Su questo intende lavorare la ministra del Lavoro Marina Calderone.
“Abbiamo due anni di tempo per il recepimento della Direttiva europea sul salario minimo. In Italia la contrattazione collettiva di qualità ha dato nel tempo risposte adeguate. Questa, pertanto, può essere la strada da percorrere. Non fermare il dialogo già avviato con tavoli tecnici su lavoro autonomo e caporalato, oltre che su sicurezza e pensioni. Per quanto mi riguarda – conclude la ministra – un confronto aperto e sincero sui singoli temi non potrà che portare dei frutti importanti e tradursi in azioni efficaci”.
Intanto nella legge di bilancio con il taglio del cuneo fiscale sono stati favoriti gli stipendi bassi, in pratica 2 punti fino a 35mila euro e 3 punti percentuali di taglio fino a 25mila. La parola d’ordine deve essere difendere il potere d’acquisto di stipendi e pensioni in gran parte erosi dall’inflazione e dal caro-vita. Orientarsi, dunque, al rinnovo di molti contratti di lavoro ormai scaduti da anni, anche con forme di defiscalizzazione. È stato già rinnovato il contratto del comparto scuola a dicembre con una media di 100 euro in più al mese, sbloccando di fatto una situazione che era ferma da anni.
Adesso dopo la decisione dello stop all’assegno per tutti gli abili al lavoro a partire dal prossimo agosto, la ministra Calderone precisa anche il percorso che attende i percettori del sussidio, che saranno divisi in due categorie. Reddito di cittadinanza e politiche attive, che hanno due obiettivi diversi ma complementari. Si vuole, insomma, distinguere gli strumenti per contrastare la povertà, difficoltà sociali o familiari, da quelli per accompagnare al lavoro.
Per i primi si punta sul reddito di inclusione, magari rafforzato ed esteso rispetto al passato. Per i secondi, invece, la strada passa attraverso la realizzazione di un sistema che preveda nuovi strumenti di incrocio tra domanda e offerta di lavoro. Pare che il nuovo strumento di sostegno si chiamerà “misura di inclusione attiva” (Mia), un nome che mette subito l’accento sull’obiettivo di favorire l’ingresso delle persone senza reddito nel mondo del lavoro.
Infatti, si prevede di affiancare agli attuali centri per l’impiego (esperienza fallimentare, dal punto di vista della capacità di offrire un impiego ai titolari di Rdc) anche le strutture private, che verrebbero anzi incentivate economicamente ogni volta che riescono a collocare al lavoro un disoccupato titolare della Mia. Nella stessa direzione va la misura che prevede di togliere il sostegno economico al disoccupato che rifiuta anche una sola offerta di lavoro compatibile con il suo profilo professionale.
Infine, il sostegno per le persone non occupabili si attesterebbe intorno ai 500 euro, in linea con l’attuale Rdc, eventualmente maggiorabile per le famiglie più numerose. L’assegno per gli occupabili, invece, sarebbe decurtato, rispetto ad oggi, intorno ai 375 euro. Insomma si sta tentando di disegnare una misura di protezione sociale che non disincentivi la disponibilità all’occupazione di chi è in grado di lavorare. Una differenza non da poco.