Pannelli solari e turbine eoliche: "Energie rinnovabili: uno strumento essenziale nella lotta al cambiamento climatico."

Crisi climatica: cosa fanno (o non fanno) gli Stati per combatterla?

Il cambiamento climatico incombe e i disastri aumentano. Ma quali sono gli sforzi globali per contrastare l’emergenza?

Ormai il cambiamento climatico è diventato, ahinoi, un nostro sgradito compagno. Si vive in allerta continua e i disastri degli ultimi tempi confermano lo stato di pericolo angosciante a cui si è sottoposti.

L’ultimo, in ordine di tempo, è stato l’alluvione che ha colpito Valencia e provincia, il peggior disastro degli ultimi decenni in Spagna, con 222 morti e un centinaio di dispersi, avvenuto nella notte tra il 29 e il 30 ottobre 2024. Le immagini che sono circolate sul web sono state agghiaccianti. Sembravano scene da “day after”, ricavate dai cosiddetti “film catastrofici”, quel filone cinematografico, utilizzato nel genere thriller, drammatico e avventuroso. Un’atmosfera spettrale, con auto accatastate nelle città invase da un’enorme massa di fango e qualche isolata persona, alla ricerca di qualcosa con lo sguardo smarrito e basito.

alluvione
Un’immagine della drammatica alluvione di Valencia

Ora, cosa stanno facendo gli Stati per placare la collera di Madre Natura? Stando ai risultati, nulla o poco, molto poco. Non sono considerazioni campate in aria, ma suffragate da dati oggettivi.

E’ stata pubblicata, infatti, la 20ma edizione del “Climate Change Performance Index” (CCPI), a cura delle Organizzazioni non governative (Ong) Germanwatch, New Climate Insitute e Climat action network. Ebbene, il podio è rimasto vuoto, per assenza dei competitori. Situazione anomala che non succede nemmeno nella più scarsa gara sportiva: qualcuno dovrà pur classificarsi primo, secondo o terzo!

Il report ha esaminato gli atti per alleviare la crisi climatica di 63 Paesi su scala mondiale, a cui si aggiunti quelli dell’Unione Europea (UE). Si tratta di Paesi molto… prodighi nel produrre emissioni di gas che causano l’effetto serra. Per la cronaca le performance dei singoli Paesi sono state analizzate attraverso 4 macro indicatori: emissione di gas serra, energie rinnovabili, politica climatica e uso dell’energia.

Inoltre, sono state considerate anche la ricerca sulle rinnovabili o il livello raggiunto dalle fonti di energia primaria. Se i primi tre posti del podio non sono stati occupati, vuol dire che non c’è un Paese che sta attuando i programmi stabiliti dall’Accordo di Parigi! Com’è noto, quest’ultimo fu firmato nel 2015 da 194 Paesi e dall’UE, mira a limitare il riscaldamento globale al di sotto di 2°C e a proseguire gli sforzi per circoscriverlo a 1,5°C al fine di evitare le conseguenze catastrofiche del cambiamento climatico.

Ad un tiro di schioppo dal podio si è piazzata la Danimarca, che ha raggiunto le valutazioni più alte. Seguono Paesi Bassi e poi il Regno Unito che ha cambiato decisamente rotta rispetto al passato, avendo messo in un angolo il carbone e impegnandosi a non permettere nuove concessioni per il combustile fossile.

Sulla rinnovabili l’Italia è 44ma, in zona retrocessione

Agli ultimi posti, non poteva essere altrimenti, ci sono i più grossi produttori di gas e petrolio del mondo, in cui l’energia rinnovabile è inferiore al 3%, Arabia Saudita in testa! L’Italia è 44ma, in zona retrocessione. C’è poco da sorprendersi, vista la situazione nel nostro Paese. D’altronde, già l’anno scorso eravamo nella stessa posizione, confermando che non è stato fatto granché contro il cambiamento climatico.

A determinare lo stallo, secondo gli esperti, è stata l’improduttiva strategia per diminuire le emissioni che alterano il clima e una politica energetica molto blanda, come dimostra il “Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima” che è solo un prospetto di buoni propositi per passare all’energia verde, ma di atti fattibili non se ne parla. E’ L’Italia, bellezza!

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