L’assenza di depuratori e la mancanza di manutenzione per quelli malfunzionanti hanno provocato danni ambientali in terra e in mare. La politica rimane a guardare con grave nocumento per la salute e gli ecosistemi
Il rispetto per l’ambiente terrestre e marino è diventato ormai un obbligo civico e morale non più differibile. Tra le emergenze maggiori non dobbiamo sottovalutare il cambiamento climatico e l’inquinamento marino, quest’ultimo in larga parte provocato dal cosiddetto “plastic o marine litter”, ovvero dai rifiuti plastici e idrocarburi rilasciati sulla superficie del mare dalle navi cisterna che puliscono i serbatoi nel canale di Sicilia e nel lembo d’acqua che ci separa da Malta. Altra tipologia, assai pericolosa, di rifiuti speciali ma anche tossici e nocivi sono quelli contenuti nelle acque reflue sversate in mare senza preventivo trattamento disinquinante. Notevoli sono i danni all’ecosistema legati all’avvelenamento marino, soprattutto dal punto di vista sanitario e prima causa del depauperamento delle risorse ittiche.
Da qualche tempo vi è una maggiore sensibilità della popolazione per la difesa dell’ambiente e per l’impatto negativo sui territori che basano il proprio sviluppo socio-economico sul turismo naturalistico. Purtroppo in Sicilia centinaia di chilometri di coste che potrebbero vivere esclusivamente di turismo e peculiarità naturali, sono invece trasformate in pattumiere dall’assenza di depuratori e sistemi di contenimento di acque nere e scarichi industriali. In provincia di Catania una situazione davvero imbarazzante riguarda la Riviera dei Ciclopi, dove da troppi anni di parla della realizzazione di un collettore fognario che dovrà congiungersi al più grande depuratore di Pantano D’Arci. I lavori, già anni fa, interessano i comuni di Aci Castello, Acireale, Acicatena e Catania, i cui reflui dovranno essere convogliati in un’unica conduttura che, forse, non vedrà mai la luce.
Da oltre 30 anni, infatti, si è giocato al rimpiattino fra il civico consesso di Aci Castello e la Regione Siciliana, nel tentativo di risolvere o, per lo meno, di tamponare l’inquinamento marino sempre più massiccio. C’è voluto l’intervento di una struttura commissariale per concludere un percorso amministrativo rimasto aggrovigliato nell’intricato ginepraio delle pastoie burocratiche che hanno finito per rallentare, di anni e anni, l’iter procedurale. Adesso l’importante è accelerare lo stato di avanzamento dei lavori per ridare dignità al territorio garantendo la salute pubblica e la salvaguardia degli ecosistemi immersi di concerto con congrui investimenti turistici.
Il grande problema della Scogliera etnea riguarda l’estate quando quel tratto di straordinaria costa lavica conta migliaia di abitanti in più. Il sistema fognante non riesce a reggere il carico della popolazione in eccesso dunque i liquami, puntualmente, vengono sversati in mare e quando le pompe di tracimazione non funzionano i liquidi maleodoranti invadono o centri abitati delle località rivierasche dove mosche e zanzare festeggiano l’immobilità cronica di una certa politica. Il problema andrebbe risolto, in attesa della fine della grande struttura depurante nella sua interezza, con accorgimenti tecnici diversi come sistemi di filtraggio attivo in grado di evitare che le acque nere si riversino in mare. I soliti cartelli con la scritta “divieto di balneazione” installati dai comuni nel periodo estivo costituiscono un affronto non solo per i cittadini residenti ed i villeggianti, ma, soprattutto, per i turisti stranieri che avranno facile gioco per parlare della Sicilia come di una terra zeppa di fogne a cielo aperto. L’inquinamento che proviene dai sistemi fognari, infatti, rappresenta il nemico numero uno dei mari siciliani, più della plastica e spesso più delle attività industriali fuorilegge. Nell’ultimo anno si sono contate ben 324 irregolarità nella depurazione delle acque rilevate in Sicilia. In 228 dei 390 Comuni dell’Isola sono state accertate infrazioni che vanno dalla non perfetta depurazione delle acque all’assenza totale di condutture fognarie. I dati sono stati ricavati da un portale istituzionale, gestito dalla “struttura di missione” contro il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche, in collaborazione con l’Istat.
Il 2022 rappresenterà, comunque, la data limite fissata da Enrico Rolle, commissario straordinario unico per la Depurazione, per uscire dall’emergenza.
Dal 2012 la Sicilia ha avuto le necessarie risorse finanziarie per dotare il territorio di reti fognarie efficienti e per costruire i depuratori laddove non ci sono adeguando quelli che non sono in piena efficienza. Sono stati eseguiti 80 interventi sparsi in 42 centri urbani ma malgrado le risorse disponibili, le amministrazioni comunali e regionali siciliane hanno combinato poco o nulla accumulando ritardi su ritardi. Per stringere il nostro raggio d’azione riportiamo le dichiarazioni del portavoce di Goletta Verde nel merito della situazione che riguarda lo sbocco dei liquami all’inizio del lungomare Galatea, ricadente nel territorio del comune di Aci Castello, e la foce dell’Alcantara, tra Calatabiano e Giardini Naxos:
”…Il tema della depurazione è un’emergenza su cui non ci sono più alibi – ha detto Mattia Lolli di Goletta Verde – così al di là dei proclami delle istituzioni e delle rassicurazioni da parte delle autorità preposte ai controlli, resta il fatto che due terzi dei cittadini siciliani non sono collegati a sistemi di depurazione efficienti e funzionanti. Per questo il nostro mare rimane inquinato, sporco, e il nostro territorio malato…”.
Politica e grandi progetti lasciano il tempo che trovano, come possiamo vedere. Ma noi, nel nostro piccolo, possiamo fare molto per mantenere l’ambiente in generale più pulito. Basta impegnarsi un po’ più del solito. Considerato l’allarme rosso.