Il fai da te è una iattura per il cliente gabbato due volte e quando non funziona sono guai. La qualità dei servizi scesa a zero.
Le aziende pubbliche e private hanno quasi eliminato il servizio prestato dall’uomo al cliente, premiato ironicamente con il fai da te. Oggi il cliente produce il servizio che paga. L’argomento è scomodo, relegato alle rassegnate lamentele dei cittadini. E’ un processo in atto da un ventennio, in tutti i paesi sviluppati e in Italia, divenuta capitale della mancanza di merito, dalla politica all’economia.
Già negli anni ottanta del secolo scorso, lo slogan condiviso ammoniva: più cresce la tecnologia, maggiore deve essere il contatto dell’uomo. High Tech richiede High Touch. E’ avvenuto esattamente l’inverso. La tecnologia ha quasi eliminato la prestazione umana, dai distributori di benzina alle autostrade, dalle banche alle assicurazioni, dalle compagnie aeree ai call center di gestori telefonici, adsl, ambulatori, ospedali, persino delle grandi palestre. Trovare un recapito telefonico e una persona con cui parlare per qualsiasi problema quotidiano è difficilissimo, per i comuni mortali.
L’economia aziendale italiana, che aveva sviluppato raffinati modelli di competitività, anche sociale, ha cancellato le sue origini. Una volta il motto del marketing era il cliente è il re. Ora i parametri sono essenzialmente finanziari e si insegue la spesso presunta innovazione tecnologica. Diventata fine che si autogiustifica, totem con valore assoluto in sé, suffragata da tecnicismi raffinatissimi e dissociati dai bisogni dei consumatori. Ora non si usano più i parametri per misurare la qualità percepita di un servizio.
Le nuove procedure dei servizi aziendali senza l’uomo servono solo a tagliare i costi del personale e a far cadere la qualità, in nome della religione della finanza, che ha portato alle grandi crisi mondiali. La competenza del personale è stata sostituita dalle macchine, con costi sociali proibitivi, almeno nel nostro Paese, disastrato dalla latitanza dei servizi e della manutenzione a tutti i livelli: autostrade, binari, pronto soccorso senza personale, apparecchiature diagnostiche usate al minimo con liste di attesa di oltre un anno. Le persone non sanno che negli altri paesi europei questo processo di sostituzione della tecnologia all’uomo ha mantenuto livelli sufficienti di controllo, responsabilità e qualità. In Italia no. In Francia i gilet gialli hanno bloccato le istituzioni: la pensione non si tocca, il minimo, rassicura il governo francese, sarà di mille euro. Fantascienza per l’Italia. Da noi si può fare di tutto ai cittadini nel silenzio assordante delle istituzioni politiche e sociali.
Tutte le professioni, dal medico, al bancario, all’insegnante, al giornalista, al ferroviere sono state impoverite, circoscritte e ridotte ad un frammento burocratico che non coglie il processo in cui opera. In Francia, Germania, Gran Bretagna, gli stipendi sono stati almeno raddoppiati. Da quinta potenza mondiale, l’Italia è finita alla stregua della Grecia. Se lo misuriamo con parametri macro e micro economici, il fallimento politico italiano è documentabile. E’ rimasta solo la religione burocratica dell’aderenza alle nuove procedure, anche se ti fanno fallire.
Fino alla fine degli anni settanta il modello aziendale era ancora legato al valore dell’uomo, in termini di sfruttamento ma anche di motivazione. Il presidente della Procter & Gamble, alla fine degli anni settanta, scrisse un memo a tutto il personale: attenzione a non dimenticare la centralità e il valore dell’uomo nelle mansioni aziendali, altrimenti l’azienda perderà moltissimo. Peccato che, da allora, la competizione si diventata interna all’azienda, tutti contro tutti, non più brand contro brand. Chi prima piglia l’osso ha vinto.
Le aziende ammonivano, fino agli anni ottanta, tutto il personale: parare il rigore del cliente insoddisfatto o della cattiva qualità. Questo il dovere, poi venivano le procedure umanizzate della qualità tecnica e soprattutto percepita. Parametro oramai scomparso, sostituito dai finti like. Le aziende hanno perso competitività non tanto per la qualità dei prodotti o dei servizi, quanto perché da anni hanno abdicato alla soddisfazione del cliente e del mercato.
I nuovi parametri finanziari e le operazioni sottobosco hanno bisogno di oscurità, di mancanza di trasparenza aziendale, di costringere ogni profilo professionale a non capire ciò che sta facendo. Così si vendono titoli tossici, non si conosce l’utilità dei cambiamenti, il personale è spogliato delle conoscenze che permettevano di risolvere i problemi.
Perché non ci si accorge di questa drammatica caduta dell’economia? Perché la tecnologia è organizzata in modo tale da far cadere nel vuoto l’insoddisfazione del cliente, come diceva in una ricerca Carlo Erminero, fondatore di Demoskopea. Non puoi telefonare, comunicare il tuo problema; quando ci riesci cade la linea o non è di competenza dell’operatore. Di competenza aziendale sembrano solo gli impagati, per i quali si trova subito l’operatore. Tutto il resto è nebbia.
La regola del marketing dei servizi è che su 100 clienti insoddisfatti solo il 3% chiama per lamentarsi. Il 97% è rassegnato o incavolato.
Gli strateghi aziendali sapevano che il cliente partecipa alla produzione del servizio. Allora perché non delegare tale servizio al cliente, che così lavora gratis, contento pure di saper “smanettare” al computer. Così hanno ridotto drasticamente il personale e trasformato ogni servizio, anche complesso, in un self service a carico del cliente pagante. L’utente inconsapevole paga e, al contempo, svolge un’attività che dovrebbe svolgere l’azienda. E riesce ad ottenere servizi complessi solo se si impegna molto, se quindi lavora molto per l’azienda.
Caso concreto è quello dell’automobile Citroen Aircross: il navigatore può essere aggiornato solo dall’utente, Attenzione: se il navigatore non è aggiornato va in allarme l’elettronica che controlla tutto. E come si aggiorna? Scaricando ben 72 GB dal proprio computer (da 5 a 20 ore) e installandoli su una chiavetta che va poi inserita nella propria autovettura. In pochi, ovviamente, ce la fanno.
Il personale svolge mansioni che non comprende e che non è motivato a svolgere, basta che arrivi lo stipendio a fine mese. Questo accade perché non c’è più la verifica della qualità percepita e del cliente soddisfatto. Le aziende telefoniche, televisive, bancarie, assicuratrici, premiano l’infedeltà. Se sei fedele paghi il canone più alto non aggiornato, opzione valida solo per i furbi che tradiscono costantemente per avere sempre le migliori condizioni.
Nelle banche la situazione è drammatica. I direttori non contano più e non hanno autonomia. Alcuni regalano la carta di debito con 3000 euro ad un tasso Findomestic oltre il 18% annuo (poco sotto la soglia dell’usura). Però, se un cliente rifiuta, il tasso si abbassa al 6%. Chi però non lo sa, vada pure al macello. Il credito al consumo a tassi quasi da usura è una delle principali fonti di profitto delle banche e vale miliardi di euro.
I supermercati hanno il personale sottodimensionato: si va alle casse solo con file incavolate. Chi vuole fa il conto self service con il lettore ottico del codice a barre.
Il personale ai caselli autostradali non c’è più e se si scarica il telepass oppure si blocca il sistema incominciano i guai. Si parla ad un citofono fino a che qualcuno da chissà quale centro dice di andare avanti e non si sa nemmeno se si è in contravvenzione o meno.
L’informatica della privacy costa e porta via una buona percentuale del lavoro dei professionisti: nonostante ciò sono esplose la violazione della privacy e la criminalità informatica. La lingua inglese, dopo 25 anni di uso informatico nelle scuole e nella didattica, rimane per lo più estranea agli studenti italiani; i bambini tedeschi, olandesi, svedesi già 40 anni fa imparavano l’inglese alle elementari.
Potremmo fare migliaia di esempi, alla faccia della semplificazione data dalla tecnologia. L’uso smodato della tecnologia ha fatto leva anche su inutili benefici di massa, come la fotografia con qualità elevatissima nel cellulare, che poi non si comprende bene che uso si possa fare di una foto del gatto da 20 megabyte.
La tecnologia è stata sganciata dal circuito virtuoso: non è più strumento per benefici di interesse generale, città cablate, informazioni e servizi in tempo reale ai cittadini o liste d’attesa abbattute. Oggi per avere una carta di identità si può prendere il numero in circoscrizione, sapendo che a Roma ci vogliono diversi mesi prima di ottenere una data utile. Poi ci sono le APP telefoniche dei servizi pubblici, che sono congegnate nella stessa logica di apparenza di efficienza.
I commercialisti, da sempre pagati solo dai cittadini, hanno svolto buona parte del lavoro di informazione e di guida dell’Agenzia delle Entrate. Oggi, con la fattura elettronica, il cittadino, complicandosi la vita anche nelle micro transazioni, supplisce ad una attività di prevenzione e di controllo dell’evasione, che dovrebbe essere svolta dallo Stato. Questa norma non semplifica il lavoro ma contribuisce ad elevare il livello tecnologico dell’operatività del sistema, sempre più intasato da dati inutilizzabili per mole, come dimostra l’esperienza storica.
Il cittadino è diventato lavoratore inconsapevole nella produzione occulta del servizio, spacciata per normale capacità del cliente di beneficiare del progresso sociale ed economico. A questo punto la confusione è massima, così come l’ignoranza.