Cinque anni fa iniziava l’incubo del Covid-19: i primi casi in Cina

L’Oms ha chiesto ancora una volta maggiore trasparenza sulle origini della malattia che fece la sua comparsa il 31 dicembre del 2019.

Roma – Era il 31 dicembre 2019, esattamente 5 anni fa, quando il Covid fece la sua comparsa sulla scena mondiale distruggendo vite e seminando terrore. Tutto è partito dalla Cina, con una comunicazione all’Organizzazione mondiale della sanità sulla diffusione di un “cluster” di polmoniti atipiche di origine virale nella città di Wuhan, metropoli da 11 milioni di abitanti e capoluogo della provincia di Hubei. Una comunicazione destinata a cambiare la storia, con una crisi sanitaria senza precedenti che ha invaso il mondo intero. Un incubo che ha imprigionato i cittadini di tutto il globo. Un’emergenza sanitaria durata oltre tre anni, fino al 5 maggio 2023, quando l’Oms ne ha dichiarato ufficialmente la fine.

Ufficialmente i primi casi di quella che all’epoca veniva definita “polmonite a eziologia ignota” risalgono al 31 dicembre 2019. La Commissione sanitaria municipale di Wuhan parlava di una malattia che si presentava con sintomi inediti e non corrispondeva a nessun virus noto fino a quel momento. Per contenere la diffusione del contagio, il primo gennaio 2020 il mercato venne chiuso dalle autorità locali. A pochi giorni dall’annuncio del focolaio, i ricercatori cinesi riuscirono a individuare e depositare nel database internazionale virological.org la sequenza genetica dell’RNA virale del nuovo coronavirus. Questo passaggio cruciale, che identificò un virus mai visto prima, costituì il primo tassello essenziale per avviare la risposta globale alla nuova malattia virale. A fine gennaio la Cina mise in atto il primo lockdown di massa della storia moderna.

Alla vigilia del quinto anniversario dell’inizio della pandemia di covid-19, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha chiesto ancora una volta alla Cina maggiore trasparenza sulle origini della malattia, i cui primi casi furono segnalati il 31 dicembre del 2019. “Continuiamo a chiedere alla Cina di condividere dati e fornirne l’accesso in modo da comprendere le origini del Covid-19. È un imperativo morale e scientifico, perché senza trasparenza e cooperazione tra i paesi il mondo non sarà in grado di prepararsi alle future epidemie e pandemie”, si legge in una nota dell’agenzia sanitaria delle Nazioni Unite.

Poi l’arrivo del virus in Italia: i primi due casi furono identificati in due turisti cinesi in visita a Roma, ricoverati dal 29 gennaio 2020 presso l’Istituto nazionale per le malattie infettive “Lazzaro Spallanzani”. Pochi giorni più tardi, il 20 febbraio, venne scoperto quello che per convenzione è stato definito il paziente zero del Covid-19 in Italia: un 38enne di Codogno, in Lombardia. Subito dopo, altri focolai vennero rilevati in diverse zone del Nord Italia, come a Vo’ Euganeo (Veneto) e nella provincia di Bergamo. Inizialmente, i tamponi molecolari venivano eseguiti solo su persone di ritorno dalla Cina. Tuttavia, con l’avvio di uno screening più esteso sul territorio, nel giro di soli tre giorni si arrivò a 325 casi confermati. Fu l’inizio della prima devastante ondata di Covid-19 per l’Italia. Un’ondata a cui si cercò di porre rimedio con il lockdown nazionale a partire dall’8 marzo.

L’11 marzo 2020, l’Organizzazione mondiale della sanità dichiarò ufficialmente lo stato di pandemia. Emblematiche furono le parole del direttore dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus: “Nelle ultime due settimane il numero di casi di Covid-19 al di fuori della Cina è aumentato di 13 volte e il numero di paesi colpiti è triplicato, ci sono più di 118.000 casi in 114 paesi e 4.291 persone hanno perso la vita.

“Attivammo i sistemi di emergenza il 1 gennaio 2020, informammo il mondo il 4 gennaio e tra il 9 e il 12 pubblicammo una serie di guide complete per i Paesi”, ha ricordato l’OMS nella sua nota per commemorare l’anniversario. I dati ufficiali dell’OMS parlano di 777 milioni di contagi e 7 milioni di morti per covid in cinque anni, anche se questi numeri secondo l’agenzia stessa sono conservativi, poiché molti casi non sono stati denunciati e, tenendo conto dell’eccesso di mortalità nel periodo, sicuramente i morti furono tre volte di più, fino a 20 milioni.

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