Le radici di questa professione risalgono al medico condotto del dopoguerra, al medico internista che doveva risolvere ogni evenienza in prima persona, con un Servizio Sanitario di grandi se non eccessive disponibilità. Questa figura, con un ruolo di riferimento simbolico e operativo a 360° gradi per la famiglia, si è dissolta nel giro di un ventennio. Con gravi conseguenze per i cittadini. Il futuro è ancora più nero: 1 medico di base su 3 andrà in pensione entro il 2023.
Roma – Nessuno voleva andare in pensione e prescriveva fino all’impotenza della senilità. Ora c’è il fuggi fuggi. Le cause della fuga e della demotivazione? La burocrazia ipertrofica, l’essere diventati marionette prescrittici con budget, senza libertà di spesa e cura, la medicina difensiva fondata sulle analisi strumentali in eccesso, lo stare in prima linea con le scarpe di cartone, senza mezzi e strumenti adeguati, quasi da missionari francescani. Pazienti sempre più diffidenti, ringhiosi e auto-prescrittivi, figli di internet che esigono farmaci senza cultura scientifica.
Da qui al 2027 andranno in pensione circa 35.200 professionisti, nel 2038 sarà in pensione il 38% degli attuali medici di base. Sono oltre 3,5 milioni gli italiani che rischiano di rimanere senza medico, anche a causa dello scarso ricambio. I giovani laureati in medicina hanno poche ragioni per proseguire il percorso che porta a diventare medici di base, vista la differenza abissale dei compensi rispetto all’iter di specializzazione, e anche per colpa della svalutazione che nel tempo ha degradato sempre più la figura del medico di famiglia, considerato come figura di poco conto e dallo scarso impegno.
Rapporto asettico e subalterno con la medicina specialistica, burocratica e frettolosa, che non conosce l’individuo, la famiglia e, ahimè, la formazione del medico internista. Le Case della Salute sono diventate un modello di questa disfatta. Oggi i cittadini sono risentiti. Non riescono a prenotare con il CUP in tempi umani, i centralini dei medici di famiglia non rispondono quasi mai per eccesso di domanda. D’altronde come si poteva pretendere di curare 1500 famiglie assegnate a ciascun medico?
Follia, disorganizzazione, irresponsabilità. Con i sindacati medici e gli ordini professionali latitanti. Già nel 2000 Mario Falconi, ex segretario della Fimmg, diceva che i sindacati medici sarebbero stati sempre meno importanti, la politica si era mangiata il sistema sanitario e le figure professionali principali.
Il medico di famiglia è passato da pilastro della salute a bersaglio della disorganizzazione della politica sanitaria e dello svilimento della professionalità, diventata un peso e non un vanto italiano. Con gli stipendi apparentemente appetibili da libera professione, ma con un mare di costi occulti, chi ha più voglia di fare il robottino schernito dai pazienti e ignorato dalle istituzioni, come abbiamo visto anche con i vaccini? Come se fossero militari, usi obbedir tacendo, coloro che rappresentavano gli alfieri difensori della salute pubblica. Erano tra i migliori in Europa, oggi i medici di famiglia italiani sono i più bistrattati.
Aumentare la spesa sanitaria purtroppo non è sufficiente. Bisogna ripristinare la valorizzazione della responsabilità professionale e della managerialità del medico di famiglia. Ma nessun politico, istituzione, ordine o sindacato, vuole ciò. I medici debbono essere usati per altri scopi, non di interesse generale. Per non parlare dell’ente di Previdenza Enpam, sul quale i palazzinari hanno fatto le loro fortune con i politici e i presidenti medici di famiglia che percepiscono tuttora stipendi cumulativi di poco inferiori al milione di euro.