Nove le persone sottoposte a misure cautelari nell’ambito dell’operazione “Mazzetta sicula” portata a termine dagli uomini della Gdf di Catania in collaborazione con il Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata.
Un giro di mazzette e corruzione che coinvolge imprenditori ma anche dirigenti pubblici tra in quali un dirigente dell’Arpa. L’ultima relazione della commissione regionale Antimafia sul ciclo di rifiuti mette in evidenza tutto il malaffare che ruota attorno alle discariche private e l’operazione della Guardia di Finanza che ha smantellato l’impero dei “Leonardi” è l’esempio di come questo losco business sia più in auge che mai. Sono 9 in tutto le persone sottoposte a misure cautelari nell’ambito dell’operazione “Mazzetta sicula” portata a termine dagli uomini della Gdf di Catania in collaborazione con il Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata.
Due le persone arrestate, tre sono finite ai domiciliari e 4 sottoposte alle misure cumulative dell’obbligo di presentazione alla P.G. e di dimora. Gli arrestati dovranno rispondere dell’accusa di associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti, frode nelle pubbliche forniture, corruzione continuata e rivelazione di segreto d’ufficio nonché per concorso esterno in associazione di tipo mafioso. L’indagine ruota tutta intorno alla Sicula Traporti di Catania, dei “Leonardi”, impresa che si occupa dello smaltimento dei rifiuti e che gestisce l’impianto di trattamento meccanico biologico (T.M.B.) situato nel territorio di Catania (Contrada San Giorgio) mentre le vasche di abbancamento sono situate nel confinante comune di Lentini (SR). Questa società ha un fatturato annuo di circa 100 milioni di euro e oltre 120 dipendenti. La società catanese usufruiva poi della “collaborazione” di altre 3 aziende: la Sicula Compost, la Gesac e la Edile Sud.
Il principale indagato è Antonino Leonardi noto come “Antonello”, quale amministratore di fatto della Sicula Trasporti e della Gesac nonché amministratore di diritto della Sicula Compost, il quale è stato condotto in carcere. Ristretto agli arresti domiciliari invece il fratello Salvatore, in qualità di socio della Sicula Trasporti e della Gesac. Sottoposti alle misure cumulative cautelari dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria e di dimora Pietro Francesco Nicotra, responsabile dell’impianto di compostaggio di Grotte San Giorgio a Catania dal quale provenivano anche parte dei rifiuti poi conferiti illecitamente in discarica, e Francesco Zappalà, nella sua qualità di responsabile dell’impianto di trattamento meccanico biologico dal quale originavano i rifiuti illecitamente conferiti “tal quale” in discarica.
Nicotra e Zappalà, unitamente ai fratelli Salvatore e Antonino Leonardi, quest’ultimo quale capo e promotore, costituivano un’associazione a delinquere finalizzata alla commissione reiterata di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti e di frode in pubbliche forniture nonché alla pervasiva pratica corruttiva quale strumento utile a eludere i controlli e a ottenere dalle pubbliche amministrazioni competenti provvedimenti amministrativi favorevoli. Destinatari delle misure cautelari dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria e di dimora anche i fratelli Francesco e Nicola Guercio, nella loro qualità di amministratori di diritto e di fatto della Edile Sud e due pubblici impiegati corrotti: Vincenzo Liuzzo, dirigente dell’Arpa Sicilia, addetto ai controlli e monitoraggi ambientali; Salvatore Pecora quale incaricato di pubblico servizio, istruttore tecnico impiegato presso il Libero Consorzio Comunale di Siracusa addetto al controllo sulla gestione dei rifiuti. Custodia cautelare in carcere, invece, per Filadelfo Amarindo, detto “Delfo”, dipendente della Sicula Trasporti e appartenente alla famiglia mafiosa dei Nardo, affiliata a “Cosa Nostra” etnea. L’attività ruotava principalmente su un sistematico illecito smaltimento dei rifiuti solidi urbani provenienti da oltre 200 Comuni siciliani convenzionati con la Sicula Trasporti; un enorme quantitativo di rifiuti strutturalmente non più gestibile secondo le prescrizioni di legge che finiva in discarica senza subire alcun trattamento preliminare.
In altre parole, una gestione della discarica, dell’impianto T.M.B. e di compostaggio, da parte della famiglia Leonardi orientata all’esclusivo perseguimento di utili attraverso il mantenimento delle convenzioni con i Comuni pur non essendo gli impianti nelle condizioni di poter più adempiere alle prescrizioni fissate dalle stesse autorizzazioni amministrative. Il sistema illecito orchestrato da Antonino Leonardi si reggeva su due pilastri: il pagamento di tangenti a soggetti ritenuti dal corruttore, al di là del ruolo assegnato dall’amministrazione di appartenenza, in grado di influenzare la concessione di autorizzazioni amministrative e di “pilotare”, preventivandoli, i prescritti controlli ambientali, e la fasulla rappresentazione della movimentazione dei rifiuti al fine di garantire un’apparente osservanza delle norme; una contabilità assolutamente non corrispondente alla reale entità e tipologia dei rifiuti conferiti in discarica e trattati nell’impianto di compostaggio. Dalle intercettazioni è emerso che gli ordini dati da Leonardi ai suoi erano che, delle 1.400 tonnellate di “rifiuto umido” che arrivavano settimanalmente nell’impianto, 400 dovevano essere “smaltite illecitamente” ovvero senza sottoporle ad alcun processo di recupero e veicolandole “tal quali” nella discarica di Lentini.
Nel corso dell’indagine è emerso una relazione finanziaria tra il gruppo imprenditoriale dei Leonardi ed alcuni esponenti del clan Nardo (tra i quali Angelo Randazzo e Alfio Sambasile, entrambi già condannati per 416 bis) ai quali Antonino Leonardi faceva pervenire, durante le festività, somme in contanti di 5 mila euro tramite il suo collaboratore “Delfo” Amarindo che rappresentava l’anello di congiunzione dei Leonardi con il sodalizio lentinese e questo ruolo è venuto alla luce quando bisognava decidere a chi assegnare la gestione di un punto di somministrazione di cibi e bevande nello Stadio di calcio della Sicula Leonzio: Amarindo in quel caso è stato incaricato da Antonello Leonardi di veicolare il messaggio che il chiosco non sarebbe stato affidato a nessuno dei gruppi criminali pretendenti e che gli stessi sarebbero stati “ripagati” per il mancato introito con le dovute regalie. Questo per non alimentare i sospetti degli inquirenti sulla relazione tra gli imprenditori e il clan mafioso.