La magistratura spagnola aveva archiviato il caso della morte del cameraman siciliano come suicidio nonostante dubbi, perplessità e indizi seri sulla probabile morte violenta del giovane. In Italia la Procura di Palermo e quella Generale del capoluogo siculo hanno seguito le decisioni dei colleghi madrileni. Prosegue invece l’inchiesta per frode processuale.
Palermo – Il caso della morte di Mario Biondo, il cameraman siciliano di 36 anni ritrovato cadavere nella sua casa di Madrid il 30 maggio del 2013, rischia di rimanere insoluto. Dopo le due richieste di archiviazione, la prima da parte della Procura di Palermo e la seconda ad opera della Procura Generale che aveva assunto le indagini, si è giunti ad una parziale revoca della seconda archiviazione a seguito di un’ipotesi di frode processuale.
La revoca, beninteso, non riguarda la chiusura dell’inchiesta per suicidio che rimane cosi com’è, piuttosto l’apertura di un nuovo fascicolo d’indagine che riguarda l’utilizzo e la valutazione di alcuni reperti non appartenenti alla vittima durante l’espletamento dell’autopsia.
Per la famiglia Biondo non ci sono dubbi: il giovane è stato ucciso nella casa che divideva con la moglie Raquel Sanchez Ilva, all’epoca bellissima quarantunenne ricca e famosa, volto noto delle tv spagnole. Per i magistrati iberici prima e poi per quelli italiani la morte di Biondo rimane attribuibile al gesto estremo.
Nel febbraio del 2020, l’avvocato della famiglia Biondo, Carmelita Morreale, dopo aver visionato il rapporto del Ris di Messina, ribadiva le medesime perplessità già manifestate nel 2013. Non ci sarebbe stata, infatti, piena compatibilità tra alcuni reperti attribuiti a Mario Biondo e i profili genetici della stessa vittima.
Si sarebbe trattato di un mero errore materiale che, adesso, tornerebbe prepotentemente alla ribalta. In buona sostanza ai familiari di Mario Biondo sarebbero stati consegnati una serie di reperti tra i quali diversi vetrini, su cui vengono fissati tessuti istologici di infinitesimali dimensioni prelevati alla salma, che erano stati catalogati con un numero di codice che sarebbe stato corretto con un pennarello.
L’avvocato Morreale, sempre nel febbraio di due anni fa, aveva presentato un esposto-querela contro il medico legale del policlinico di Palermo che aveva effettuato l’autopsia sul corpo di Mario Biondo confermando l’ipotesi del suicidio.
Il medico sarebbe poi finito sul registro degli indagati assieme al suo vice, da qui le indagini sulla presunta frode processuale. Mario Biondo non aveva motivi per togliersi la vita. Dopo il matrimonio il professionista aveva iniziato a lavorare per Telecinco come regista, coronando cosi il suo sogno professionale.
L’uomo aveva preventivato l’acquisto di costoso materiale da ripresa che, di fatto, non avrebbe mai usato perché all’alba del 30 maggio del 2013 Biondo era già cadavere nel suo lussuoso appartamento madrileno. Il giovane regista sarebbe stato ritrovato impiccato dalla sua domestica con una sciarpetta di seta legata al collo la cui estremità superiore era ancorata ad una mensola della libreria.
Mario Biondo pesava circa 81 chili e se davvero si fosse lasciato andare a peso morto, ovvero con il corpo gravante sulle ginocchia appena flesse, posizione in cui è stato ritrovato, quella mensola così sottile non avrebbe retto al carico e si sarebbe staccata dal supporto.
La polizia spagnola, all’epoca dei fatti, non avrebbe controllato i suoi due computer, né il suo cellulare o il tablet. Nemmeno la casa sarebbe stata sequestrata tant’è che il caso veniva archiviato frettolosamente come suicidio il 16 luglio 2013. La notte del decesso la vittima aveva chattato con i suoi fratelli su Facebook e Whatsapp e i contatti sarebbero andati avanti sino a poco dopo la mezzanotte.
Il computer di Mario Biondo sarebbe rimasto collegato in rete sino alle ore 1,18 del mattino successivo quando la connessione veniva interrotta. La morte del cameraman siciliano risalirebbe, invece, ad alcune ore più tardi ovvero intorno alle 4. Nella stanza dove è stato rinvenuto il cadavere dell’uomo sarebbero state ritrovate numerose bottiglie di birra vuote e mozziconi di sigaretta.
La porta di casa non presentava segni di effrazione ed era stata chiusa dall’interno. La moglie di Mario Biondo, Raquel Sanchez Silva, si trovava altrove per lavoro e appena appresa la notizia rientrava subito a Madrid da dove avvisava per telefono suoceri e cognati dell’avvenuta tragedia. Giuseppe Biondo e Santina D’Alessandro non hanno mai creduto al suicidio del figlio e chiedono giustizia.