Governo che va, governo che viene. Uno che dà, l’altro che prende. Così è stato dalla Costituente ad oggi. Certo nessuno poteva immaginare la pandemia, la guerra, una crisi che durava già da anni ma le speculazioni, queste si, che si potevano prevedere. E quando gli speculatori mettono in ginocchio decine di nazioni allora è il momento di allearsi e sconfiggerli.
Roma – L’esperienza Draghi sta per concludersi con bilanci e valutazioni. Dopo la schiacciante vittoria del centrodestra, soprattutto di Fratelli d’Italia, il governo guidato da Giorgia Meloni è questione di giorni. In questi anni attraversati da pandemie, venti di guerra e crisi economica e sociale è lecito chiedersi che cosa lascia all’Italia l’esperienza di governo di SuperMario. Certamente non è la tanto decantata agenda, smentita anche da parte dell’interessato, ma il semplice e per certi versi rivoluzionario metodo utilizzato. Sostanzialmente è una serie di risposte, di interventi e riforme improcrastinabili, che hanno determinato l’apertura di tanti dossier. Basti pensare all’attacco del Coronavirus, ai fondi che sono arrivati grazie al Pnrr e agli obiettivi raggiunti, alla crescita straordinaria di questi due anni, poi messa in crisi da eventi internazionali imprevedibili.
In sostanza il metodo rivoluzionario adottato da Draghi è di una semplicità talmente disarmante che dovrebbe fare arrossire tutti i legislatori dell’altro ieri. Alcuni dei quali ancora presenti purtroppo in Parlamento. Prima fra tutte l’immaginifica “agenda Draghi”, fatta di risposte pronte ai problemi che si presentavano. Da qui la credibilità, sia sul fronte interno che internazionale, che può determinare quel credito internazionale tale da poter fare tutte le riforme necessarie senza un ostile vincolo esterno. Tutto qui. D’altronde se non fosse vero quanto detto non si comprenderebbe il motivo per cui ogni leader cerca di ottenere patenti di affidabilità internazionale ed europea, prima di assumere posizioni di primaria importanza nel Paese.
Ma i veri elementi, definiamoli di contenuto, che hanno caratterizzato il profilo draghiano sono, per esempio, la collocazione internazionale del nostro Paese nel quadro delle alleanze euro-atlantiche. Cioè Draghi ha mantenuto saldamente l’Italia nel solco della sua tradizionale collocazione occidentale, guidando l’Europa nella solidarietà attiva alla resistenza ucraina contro l’invasore russo senza tentennamenti, spiegando che difendere i valori di libertà e autodeterminazione dei popoli è il valore costitutivo dell’Occidente.
Certamente è impressionante come d’un tratto nessuno più dei cosiddetti pacifisti si veda all’orizzonte e dai dibattiti televisivi. Insomma, è mai possibile che non vi siano richieste politiche, sociali e imprenditoriali che invochino a mantenere sempre aperti i colloqui per mediare ed ottenere il “cessate il fuoco” tra Russia e Ucraina, onde evitare una guerra mondiale…? In pratica solo Papa Francesco sollecita l’impegno delle diplomazie.
Altro elemento, comunque, che si individua nella linea seguita dal premier è la situazione economica. Negli ultimi due anni nel nostro Paese c’è stata una certa crescita economica, sorprendente se paragonata alle difficoltà di altre economie manifatturiere come la Germania. Anche per quanto riguarda la crisi energetica, il Governo Draghi si è mosso con tempestività e autorevolezza internazionale per ridurre da subito la dipendenza dal gas russo. Inoltre,il governo uscente è riuscito a gestire le difficoltà di approvvigionamento di gas ed energia elettrica stanziando sostegni a famiglie e imprese, oltre 60 miliardi di euro, senza fare scostamenti di bilancio.
Non bisogna dimenticare, peraltro, che la disciplina di bilancio per un Paese come il nostro, che ha un debito pubblico gigantesco la cui gestione, con il rialzo dei tassi, diventerà ancor più complicata, è essenziale per mantenere la fiducia dei mercati. Draghi proprio nei mesi della campagna elettorale è stato inflessibile nel non accogliere le insistenti richieste, provenienti da diverse forze politiche, di scostamento di bilancio. Meloni, nel suo programma, ha più volte ricordato di non volere disintegrare i conti pubblici con scostamenti di bilancio azzardati. Il resto si valuterà dai fatti.