Auto e mobilità: l’Italia viaggia a tutto gas, ma la sostenibilità resta un miraggio

Nel Paese con il più alto numero di auto pro capite in Europa, le parole sulla mobilità sostenibile restano pura retorica. Vecchie vetture, poche elettriche e trasporto pubblico carente: un mix letale per l’ambiente e la salute.

L’Italia è un Paese di grandi case automobilistiche, basti ricordare le più note Ferrari, Lamborghini, Maserati, Alfa Romeo, Fiat e Lancia, che hanno reso il Made in Italy famoso in tutto il mondo. Sarà per questo motivo che gli italiani sono dei veri aficionados delle 4 ruote. Secondo i dati di Eurostat, l’ufficio statistico europeo, infatti, il Belpaese si stacca sugli altri per il possesso di più auto per abitante, con 694 veicoli ogni 1000 abitanti. Oltre 100 in più del resto d’Europa, 570.

La Valle d’Aosta ha deciso di esagerare detenendo oltre 2 auto a testa! Pare che i valdostani amino alternare le auto a disposizione, per rendere più vivace il viaggio. È proprio il caso di dire che in questo settore gli italiani amano viaggiare a tutta birra, al punto che i primi 3 posti di questa speciale classifica sono occupati, oltre che dalla Valle d’Aosta, dalle province autonome di Trento e Bolzano, dove ci sono più auto che persone!

La Valle d’Aosta ha deciso di esagerare detenendo oltre 2 auto a testa: “merito” dei vantaggi fiscali e agevolazioni per l’immatricolazione previsti per le Regioni a statuto speciale.

Se i cittadini di queste aree geografiche sono così sensibili al fascino automobilistico è dovuto, soprattutto, ai vantaggi fiscali e agevolazioni per l’immatricolazione previsti per le Regioni a statuto speciale. Inoltre, essendo la maggioranza delle vetture vecchie come il cucco, più di 20 anni, sono anche quelle più inquinanti, in quanto la loro efficienza è un miraggio e quindi risulta inutile parlare di decarbonizzazione. Vista la situazione, le parole spese dalle istituzioni per la mobilità sostenibile sono pura retorica e prive di qualunque effetto pratico.

Una vera e propria presa in giro, come capita spesso, quando si ha a che fare con politici inaffidabili. È la conferma che ha trionfato il modello di mobilità basato sulle auto private, a discapito del trasporto pubblico che, in molti casi, è carente se non assente. Cosa ha a che fare un siffatto sistema con traguardi prefissati dall’Europa sulla riduzione delle emissioni? In pratica si stabilisce un obiettivo, ma si rema in tutt’altra direzione. In Italia solo il 10,3% delle auto che sfrecciano per le strade dei nostri territori è alimentato da carburanti alternativi. I dati disponibili si fermano al 2023, ma in quasi 2 anni è molto improbabile che siano aumentate più di tanto.

Il nostro parco automobilistico è costituito da vetture a benzina (per il 64,2) e diesel, mentre quelle ibride ed elettriche sono ininfluenti.

Sebbene sia stato registrato un incremento del numero di veicoli elettrici in tutta l’Unione Europea, pari a 4,4 milioni, il contributo italiano è stato quasi irrisorio, l’1,7 del totale. Cosa speriamo di ottenere con questo background pesante come un macigno? Se pensiamo ad alcuni Paesi come la Norvegia dove i veicoli elettrici, sia a batteria che ibridi, rappresentano l’80% delle nuove immatricolazioni, verrebbe da ridere se il problema non assumesse contorni di estrema serietà. Invece, il nostro parco automobilistico è costituito da vetture a benzina (per il 64,2) e diesel, mentre quelle ibride ed elettriche sono ininfluenti come numero e, quindi, il livello di inquinamento nelle nostre città è sempre elevato.

La soluzione non è certo il… ritorno alle carrozze con cavalli, anche perché fonti di inquinamento per l’uso massiccio di letame con problemi di igiene e salute pubblica come accadeva nell’800 nelle maggiori città europee. Si dovrebbe attuare una seria politica per incentivare l’utilizzo del trasporto pubblico, optare per veicoli a emissioni zero o basse, incentivare la mobilità attiva (a piedi o in bicicletta) e favorire la condivisione dei mezzi di trasporto. Non pare che una visione di questo tipo sia stata accolta dalla nostra classe politica, nazionale e locale, almeno non nei fatti. È solo un flusso copioso e ininterrotto di ciance senza costrutto che si disperdono nel vento. Parole, parole, parole, parole, parole, soltanto parole, come cantava l’immensa Mina nel 1972.

Facebook
Twitter
LinkedIn
WhatsApp
Email
Stampa