Tra entusiasmo tecnologico e timori per la privacy, l’auto connessa divide gli automobilisti. Il 45% delle auto circolanti in Italia è già connesso: trasmette dati su posizione, guida e abitudini. Ma chi li controlla?
Per chi ha superato gli “anta” da un bel po’ non può che restare sbigottito nell’apprendere che l’auto connessa è realtà. Da qui il passaggio alla guida autonoma è breve, che rappresenterà la rivoluzione del futuro dell’auto elettrica. Un’auto connessa è un veicolo che può comunicare con altri dispositivi e servizi tramite una rete, come internet. Le auto connesse utilizzano tecnologie come il Wi-Fi, il Bluetooth e il 5G per connettersi; sono dotate di sensori e dispositivi telematici che raccolgono dati sull’ambiente circostante; i dati vengono inviati a un servizio in cloud, dove possono essere elaborati e resi disponibili al proprietario del veicolo.
La questione centrale riguarda chi detiene i dati: case automobilistiche, conducenti o fornitori di servizi digitali. Come permangono incertezze su profilazione, condivisione con terzi e responsabilità per cyber-attacchi. Come vengono garantite la sicurezza e la tutela dei diritti degli automobilisti? Lo scorso dicembre 2024, presso l’Automobile Club di Milano è stata diffusa la ricerca dall’enfatico titolo “Dall’Automobile Sapiens, all’Automobilista Sapiens – Reazioni, aspettative e timori nei confronti dell’auto della nuova specie ed analisi della sua diffusione sul mercato”.

L’attributo “sapiens” è stato…gentilmente donato dal Dipartimento auto e mobilità della Luiss Business School, Milano, una scuola di alta specializzazione manageriale che svolge attività di didattica post laurea, ricerca applicata e consulenza manageriale, ad indicare la complessità della rivoluzione che sta investendo l’automobile. Dalla ricerca è emerso che gli automobilisti, con un’età media di 34 anni, pare non aspettassero altro, entusiasti per la mobilità intelligente e l’Intelligenza Artificiale (IA) associata ad essa. L’auto futurista si trasformerà nel nostro “alter ego digitale” che accumula, valuta e utilizza le informazioni disponibili per scopi operativi, di sicurezza e per offrire servizi ad hoc.
E’ quello che già succede con lo smartphone. In Italia ci sono quasi 18 milioni di veicoli connessi, pari al 45% del parco circolante. I dati trasmessi riguardano il posto dove ci si trova, lo stile di guida, in certi casi i dati biometrici. C’è molta confusione. Spesso sono le case automobilistiche a rivendicarne il possesso, malgrado siano forniti dal veicolo e dal conducente. I dati possono essere utili per efficientare i servizi di mobilità, sicurezza stradale e il traffico e per agevolare il compito di concessionari, officine e gommisti.

Ma i nostri dati, se non adeguatamente protetti, possono essere soggetti a numerosi rischi, tra cui: cyber-attacchi; violazione della sicurezza informatica; profilazione degli utenti per uso commerciale; vendita a terzi; utilizzo dei dati con autorità pubbliche e forze dell’ordine, in un rapporto ancora in bilico tra sicurezza pubblica e diritto alla privacy.
Se di primo acchito la reazione è stata quasi un ritorno all’infanzia, nel periodo dei cartoni animati quando si vedevano sfrecciare automobili senza guida e si restava esterrefatti di fronte a tale prodigio, ora ci si sente avvolti da un velo di tristezza nel constatare che non bastavano le tante telecamere diffuse sul territorio e gli smartphone a “spiarci”. Ci mancava giusto l’automobile!