APERTE LE PORTE AI PRECARI. ALTRO CHE SCUOLA DEL DOMANI.

Caos nella scuola. Riqualificare gli insegnanti garantendo loro equi compensi allineati a quelli dei colleghi europei. Invece in Italia si incentiva l'instabilità professionale rendendo il futuro di tanti lavoratori sempre più incerto.

Conte l’ha definito un decreto che permette di combattere il “…precariato garantendo la meritocrazia…”. L’accordo recentemente concluso dalla maggioranza in merito al concorso scolastico per i precari ha raggiunto un punto d’incontro tra le parti. Niente assunzioni per ora, tutto rimandato a settembre, quando un maxi-concorso scritto decreterà gli aventi diritto alla cattedra fissa. Per il momento gli istituti scolastici, alla ripresa delle lezioni, si prepareranno ad accogliere 32 mila docenti precari mantenendo un metodo d’assunzione direttamente correlato alle graduatorie d’istituto.

L’accordo è stato accolto con entusiasmo dal Pd e da Liberi e Uguali. Moderatamente soddisfatta è sembrata anche la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina: “…Vogliamo ridurre il precariato per dare più stabilità alla scuola – ha detto il capo del Miur – e vogliamo farlo attraverso una modalità di assunzione che garantisca il merito. Abbiamo 78 mila insegnanti da assumere nel primo e secondo ciclo fra concorsi ordinari e concorso straordinario. Sono numeri importanti e dobbiamo fare presto…”.

Ministra Azzolina

Insomma, tra proclami e autocelebrazioni, non sembra preoccupare nessuno il fatto che il prossimo settembre le scuole apriranno i cancelli ad un esercito di precari dubbiosi in merito alle sorti del proprio futuro. Oltretutto senza certezze lavorative ed economiche pretendere da un dipendente la totale dedizione al lavoro è psicologicamente impensabile. Infatti, è risaputo, che quanto il lavoratore è soddisfatto e si trova in armonia con l’ambiente professionale il suo contributo alla causa diventa nettamente superiore. Alla fin fine si sta parlando solamente di educare gli adulti di domani. Meglio abituarli fin da piccoli alla tortuosa via del precariato, così potranno evitare il trauma tra qualche anno. Saprebbero già quale strada intraprendere.

Nettamente meno soddisfatte per l’esito del concordato sono sembrate le sigle sindacali che dall’esecutivo si attendevano l’assunzione per i docenti che hanno maturato almeno tre anni di insegnamento precario. Al momento comunque, non sono stare ancora fissate le date del bando ordinario per medie e superiori, né quelle inerenti alla prova per la scuola dell’infanzia e la primaria.

“…C’era molta attesa intorno a questo vertice – evidenzia Luigi Del Prete, del sindacato Usb P.I. scuola-. I lavoratori precari con almeno tre anni di servizio alle spalle speravano che dall’incontro potesse finalmente uscire una risposta definitiva alle loro richieste di immissione in ruolo dal 1° settembre 2020. Invece, ci troviamo davanti ad un accordo che non solo allontana le immissioni in ruolo, ma prospetta una situazione in cui la realizzazione del concorso anche per l’anno 2020/2021 sembra esser messa in dubbio. Pensavamo che questo Consiglio dei ministri avrebbe portato a uno scontro tra coloro che chiedevano un concorso per titolo e servizi e chi invece, come M5s e la ministra Azzolina, chiedeva una prova selettiva per l’ammissione. Sfortunatamente, ci siamo subito accorti che la discussione si era spostata sul tema delle crocette. Quello che doveva essere lo scontro definitivo, che avrebbe permesso ai precari di ottenere l’assunzione diretta dal 1° settembre 2020, si è trasformato in una blanda battaglia. Anche per quest’anno le assunzioni a tempo determinato verranno fatte tramite le graduatorie provinciali. L’accordo, sostanzialmente, non soddisfa nessuno…”.

Luigi Del Prete

Ancora precariato dunque, nonostante i titoli acquisiti.

Sembrerebbe sempre più opportuno cominciare a pensare a una riforma sostanziale anche nel mondo della scuola. Il ruolo dell’insegnante, in Italia, appare meno fortunato rispetto a quello dei colleghi europei. Il lungo precariato e le basse remunerazioni hanno fatto sì che le domande d’insegnamento segnassero il passo nel corso degli anni. Non solo chi si ritrova a svolgere il ruolo di docente spesso lo fa come “ultima spiaggia”.

Il ruolo sociale degli insegnanti dovrebbe essere posto sotto un’attenta analisi e possibilmente rivalutato. Sarebbe opportuno ripartire dalle scuole per creare un’Italia più consapevole e paritaria. Invece nel Bel Paese gli insegnanti percepiscono stipendi nettamente inferiori rispetto a quelli dei colleghi europei. Già partendo dalla scuola primaria, altra odissea vivente sotto gli occhi di tutti, ci si rende conto della differenza che intercorre tra gli altri Paesi e l’Italia. Lo stipendio di un insegnante – rivelano i dati Ocse – delle elementari in Italia si aggira intorno ai 23.051€ lordi; un gradino sopra troviamo la Francia con 25.626€.  In Francia, però, le prospettive di carriera sono migliori rispetto alle nostre: un docente al culmine della propria esperienza professionale arriva a guadagnare più di 45.000€, mentre in Italia ci si ferma a 33.854€. In Germania, invece, si parte da uno stipendio base di 46.984€, si arriva a 58.750€ dopo 15 anni di servizio, e si conclude la carriera a 62.311€.

Stesso discorso vale per i docenti delle scuole superiori. Lo stipendio base per un docente in Italia si aggira intorno ai 24.849€, che al termine della carriera può arrivare ad appena 38.901€. In Olanda, invece, uno stipendio di fine carriera può raggiunge i 76.778€ annui.

Insomma, test a crocette o meno, in Italia l’unica cosa sicura è che i docenti sono costretti a un lungo e tortuoso viaggio nel mondo del precariato. Sarebbe importante riflettere sul modo in cui uno Stato tratta e considera i propri insegnanti. Coloro i quali hanno il compito, estremamente delicato, di formare ed educare i cittadini di domani. 

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