Piccoli ‘ndranghetisti crescono: buon sangue non mente

Tale padre, tale figlio. L’antico adagio, in questo caso, calza più che bene. I “Teganini” spadroneggiavano in città ritenendo di poter fare qualsiasi cosa nel più assoluto sprezzo delle regole. La loro educazione, indubbiamente, si rifà al valore ideale della devianza violenta e della sopraffazione come unico mito.

Reggio Calabria – Piccoli ‘ndranghetisti crescono. Tutti ormai li conoscevano come i ”Teganini”. Le giovani leve del clan Tegano di Archi, periferia nord di Reggio Calabria, una generazione cresciuta con il ”mito” dei genitori e degli zii, protagonisti assoluti della seconda guerra di mafia che tra il 1985 e il 1991 ha lasciato un’indelebile striscia di sangue sulle strade calabresi.

Rampolli nati tra la prima e la seconda metà degli anni ’90, che hanno conosciuto i propri padri durante le visite in carcere oppure li hanno visti morti ammazzati.

Tra loro emerge Mico (Domenico) Tegano, primogenito del boss Pasquale Tegano, detto ”Nocciolina”, detenuto al 41 bis nel carcere di Spoleto. Carisma fuori dal comune nonostante la giovane età, insieme ai suoi compagni di scorribande era solito terrorizzare la movida reggina con risse, estorsioni, spaccio di cocaina e controllo militare dei lidi del lungomare della città dello Stretto.

Domenico Tegano

Nei giorni scorsi la Procura reggina, guidata da Giovanni Bombardieri, ha concluso le indagini su sette indagati: Angela Tegano, Antonio Cangemi, Antonio Domenico Drommi, Domenico Monorchio, Manuel Monorchio, Davide Vizzari e  Mico, già dietro le sbarre nell’istituto penitenziario di Ancona.

Sono tutti accusati a vario titolo di estorsione, resistenza a pubblico ufficiale e favoreggiamento, reati aggravati dalle modalità mafiose.

Muoviti che quando veniamo noi devi prepararci da bere e stare zitto” … “Secondo me sei un pazzo a chiedermi lo scontrino” sono solo alcune delle frasi pronunciate dai Teganini nei confronti del titolare del Vesper un noto locale del capoluogo calabrese. All’insegna dello sprezzo per qualsiasi regola e rispetto della persona.

I rampolli della “mafia bene” non si sono fatti mancare le minacce per due poliziotti nel 2018: ”Vi pisciamo addosso … voi non sapete cu su i cristiani … ma chi c…o siete”.

Non avrebbe ricevuto l’avviso di garanzia, ma resta comunque indagato, Carmelo Crucitti, titolare di alcuni esercizi commerciali presi di mira nel 2017, con l’accusa di avere reso false informazioni al Pm e di favoreggiamento personale, tutti aggravati dalle finalità di agevolare la ‘ndrangheta.

Ad un funzionario l’imprenditore aveva dichiarato: ”Con le domande che mi state facendo, volete mettermi un cappio al collo. Io sono dalla parte dello Stato. Tra il rischio di perdere il lavoro e tutelare la mia famiglia, preferisco tutelare i miei figli. Io non posso mettere la firma sotto quei nomi. Quelli che mi avete fatto vedere li conosco tutti perché sono anni che li vedo in giro per i locali, fanno gli sbruffoni, chiedono cocktail, si comportano come se volessero affermare il loro potere. Ma perché devo dire che sono stati loro?”.

Eppure a verbale Crucitti aveva ammesso di non conoscere i Teganini e, addirittura, di non sapere nemmeno se siano reggini”. Dettagli.

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