Le vittime sono in costante aumento mentre prevenzione e tutela dei lavoratori sembrano argomenti che non interessano più nessuno. Risparmio sugli apparati di sicurezza, dimezzamento del personale e turnazioni estenuanti sono alla base delle numerose disgrazie di questi giorni.
Roma – Da quando è scoppiata la tanto vituperata e perfida pandemia il nostro mondo è stato letteralmente sconvolto. Con effetti letali per quei poveri cristi che ci hanno lasciato le penne. Siamo ancora in piena crisi sociale, sanitaria ed economica e gli effetti nefasti di questa gravissima situazione si fanno sentire in tutta la loro forza deflagrante.
C’è un aspetto che, invece, é passato sotto silenzio. Ovvero una sorta di “sindrome da covid-19” per cui tutte le attività umane, individuali e collettive, sono state orientate verso quel gran figlio di puttana del coronavirus. Tutto il resto è come se non contasse alcunché, scartato dalla memoria.
Nell’ultima settimana due operai sono morti sul lavoro. L’ultimo in ordine di tempo, qualche giorno fa, a Busto Arsizio (Varese), un uomo di 49 anni, Christian Martinelli, è rimasto schiacciato da un’enorme fresa. La Procura ha aperto un fascicolo per omicidio colposo a carico di ignoti.
La settimana scorsa, a Prato, la vittima è stata un’operaia di 22 anni Luana D’Orazio che lascia un figlio di 5. Sono indagati la titolare della fabbrica e l’addetto alla manutenzione. L’accusa è di omicidio colposo e rimozione o omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro,
Si è raggiunta così la non invidiabile cifra shock di 185 morti sul lavoro dall’inizio dell’anno, una media di 2 al giorno (dati INAIL). E pensare che sono trascorsi appena pochi giorni dalla celebrazione della Festa dei Lavoratori il 1° maggio, con tutta la sequela di retorica stantia e la passerella del grande sindacato unito.
Continuando di questo passo la festa del lavoro si commemorerà il 2 novembre, con quella dei defunti. Dai dati emerge che rispetto allo stesso periodo del 2020 i morti sono 19 in più, con un aumento dell’11,4%. I settori che vantano questo triste primato sono l’edilizia e l’agricoltura.
Inoltre appare manifesta la mancanza di prevenzione e formazione per la sicurezza, a cui si associa il ricorso al “lavoro nero” e la tendenza ad aggirare la normativa in materia.
E la politica che fa? Sta sulla riva del fiume a guardare il triste spettacolo dei cadaveri che passano, vittime di quel lavoro con il quale non si arriva più alla fine del mese. La corretta informazione, i controlli sul rispetto delle norme sulla sicurezza del lavoro rappresentano un nervo scoperto di buona parte delle aziende italiane.
Otto su 10, infatti, risultano non essere in regola con le norme sulla sicurezza del lavoro. In testa le imprese edili che rispettano meno delle altre le norme a tutela dell’incolumità di operai e carpentieri, stante alle cifre del PNRR.
Con la criminalità organizzata che in questo settore la fa da padrona, condizionando gli appalti ed utilizzando la corruzione come strategia di marketing. Uno spettacolo visto e rivisto senza che nessuno muova un dito per incrementare controlli e tutele.
Ci sono voluti questi ultimi due decessi per farci comprendere, forse, che la vera emergenza nazionale e la pandemia per eccellenza sono le morti sul lavoro, altro che Covid-19!
Morire sul lavoro non è dovuto al destino cinico e baro ma è il risultato di approssimazione dei controlli da parte degli organismi di vigilanza, carenze di misure preventive e, a volte, di stress e fatica dei lavoratori scaturiti da deficit organizzativo del management.
Quante morti saranno ancora sacrificate sull’altare del profitto a qualunque costo? Che cosa deve ancora succedere per provocare un’inversione di tendenza di quel paradigma culturale basato sul totem del lavoro per cui si è completamente schiacciati dalla sua ideologia?
La sua mancanza provoca morte per inedia. La sua presenza l’exitus per infortunio e/o per malattia: “Muori o perisci”. E non è il titolo di un film western ma la dura e cruda realtà. Basta. Abbiamo già dato.